Avere e non avere il diabete, essere e non essere diabetico: questi amletici argomenti stanno sempre di fronte a tutti coloro che hanno paura di ammalarsi e convivere con una patologia, la quale mette al centro delle varie situazione il controllo del cibo. Io come diabetico di lungo corso non ho mai avuto di questi timori ma negli occhi di molti, tanti individui messi davanti alla parola: diabete, sorge spontanea la paura di una vita fatta di rinunce alimentari.
L’attenzione odierna è rivolta ancora per l’occasione all’impatto informativo e di conoscenza che le persone hanno, o meglio dire non sanno del diabete, fatto spesso di stereotipi e luoghi comuni. Una lettura e consapevolezza arcaica della malattia, frutto di epoche storiche contraddistinte e segnate dalla privazione o mancanza di cibo, fame atavica.
La derivazione, nel bene e nel male, del mangiare come fattore di stress, sia nell’eccesso che nel difetto, per quanti non sono in grado di aver un livello decente d’autocontrollo nei bisogni primari e arcaici provoca un insufficiente controllo del diabete.
Che fare? Al momento a parte resuscitare in noi la forza di volontà e autostima per correggere percorsi nocivi alla salute, non ci sono terapie miracolose e risolutive, schemi vincenti e rivoluzionari. Una cosa è certa: siamo noi che possiamo cambiare in meglio la nostra condizione di salute e vita. E come diceva il saggio: mangiare serve per elevarsi di spirito e il peso lasciarlo a terra per far cogliere alla mente la leggerezza dl pensiero e la forza delle idee.