Essere un personaggio porta vantaggio così viene a dire e pensare nel contesto di un cerchia sociale più o meno ampia, e questa è una convinzione comune credo. La vanità e la visione superficiale delle persone e situazioni ci può far credere che basta aver una bella e solida personalità per affrontare al meglio la vita e ogni situazione. Ma parlare e affrontare le circostanze per massimi sistemi non è certamente la risposta, anche se poi viviamo invasi e annegati da masse di dati e statistiche di ogni foggia e tipo.
La questione delle cento pistole oggi al centro della mia riflessione, peraltro già per certi versi affrontata, riguarda il “Soldinismo diabetico” un neologismo di mia produzione, fresco di conio e affrancatura e che trae origine da Giovanni Soldini, il nostro velista divenuto famoso soprattutto per le sue navigazioni solitarie: ovvero il fare da soli con il diabete, un fatto ricorrente e obbligato del nostro vivere quotidiano come ben si sa. Una necessità come in ogni malattia cronica e di lungo corso, quel che fa la differenza, nel nostro caso, sta nei tanti passaggi quotidiani da fare e seguire causa la liquidità e viscosità della nostra affezione. Il mio stato con la malattia è paragonabile al cacciatore – collezionista di farfalle, e penso in tanti si ritroveranno nella mia descrizione: acchiappa la glicemica farfalla e falla rientrare nella rete se sei capace (sorriso –sorridi).
Va bene capito dunque l’antifona del fare con il diabete, ma a guardar bene poi non è così, perche tra mille certezze c’è sempre quell’incertezza che manda a catafascio tutti i nostri castelli di carte. Infatti oggi, grazie alla rete, ai suoi siti, blog, forum, social network si condividono dubbi, problemi, domande e spesso troviamo supporto, sostegno, risposte. Ecco oltre all’obbligato accertamento e tutoraggio medico e agli altri percorsi di appoggio capiamo bene che soli in realtà non si può stare nel fare, e se lo si fa la nostra condizione di diabetico e il compenso glicemico stesso rischiano di venire compromessi, o comunque ci portano ad avere dei problemi.
Ma tra il fare e il stare c’è di mezzo un solco, il mare: è vero tanti diabetici conosciuti o sconosciuti stanno, vivono soli, uno stato molto frequente e diffuso nella nostra società e che sembra non far sorgere alcuna particolare attenzione, ma la situazione nella prospettiva finisce per avere delle ripercussioni che vanno ben oltre alla semplice malattia. E’ vero il maggior timore, per chi diabetico si trova a vivere da solo, riguarda l’arrivo di una ipoglicemia, e si risponderà che in casi simili ci sono strumenti di monitoraggio della glicemia atti a prevenire i momenti critici. Vero ma si tratta ancora di possibilità limitate nella loro diffusione e resta inalterata la portata della questione e in proiezione futura la sua sempre più ampia diffusione. Oggi sul totale della popolazione italiana circa il 25% vive sola, e finché si è giovani può andare fatta bene ma invecchiando le cose cambiano e senza fare mari di convegni, studi e ricerche inutili ritengo prioritario cominciare a guardare avanti per non trovarsi poi senza alcuna tutela nel futuro, oppure semplicemente smantellando l’esistente senza ricostruire un accidente.