Tic tac tic tac, quanti come me ricordano, senza alcuna nostalgia, il ticchettio della sveglia la notte talmente rompente e alienante da non riuscire a far chiudere occhio, come l’orologio pendolo a cucù: il congegno era talmente devastante da echeggiare in tutta la casa, e fu grazie al mezzo che feci la mia scoperta tecnologica da infante – la possibilità di bloccare lo sportellino così da impedire l’uscita del modellino di uccello ad ogni ora e mezz’ora a scandire il tempo col fatidico suono. Invece amavo il carillon perché mi rilassava e aiutava a far conciliare il sonno: primi prodromi dell’innovazione tecnologica imperante e oggi massivamente presente.
E tornando a palla nel presente risulta evidente e stridente l’esistenza in ogni contesto di strumenti, gadget d’ogni tipo e dimensione, tant’è che non possiamo più farne a meno, mi auto esonero dal fare esempi poiché sarebbe un esercizio inutile, dico solo una cosa: potremmo fare a meno del cellulare intelligente? Ecco anche noi diabetici siamo più che mai oggetto di questa piena tecnologica, tra glucometri super accessoriati, software e applicativi per la gestione quotidiana della malattia, microinfusori ad alta tecnologia e sensore glicemici integrati ci si trova a navigare tra le pagine ricche, fitte e voluminose dei loro rispettivi manuali, e tutto questo finisce per procurare dipendenza.
Beh volete sapere una cosa? Da quando sono entrato nella biosfera del microinfusore con sensore glicemico integrato ho notato una metamorfosi nella mia natura ed essenza umana: avverto un qualcosa che coinvolge la dimensione fisica come la psicologica. Il tutto mi porta ad accedere alla mia dimensione inconscia ed emotiva quasi sentendomi per certi versi un avatar glicemico.
Insomma avere il sensore piantato addosso mi da dipendenza, una forma maniacale di attenzione verso quel display e le evoluzioni grafiche in esso contenute che mostrano la grafica, le oscillazioni e curve della glicemia minuto per minuto. Chi non è diabetico non può capire ma in un determinato momento della mia adolescenza, anno 1979, durante un ricovero ospedaliero a causa del diabete nell’omonimo reparto del policlinico S. Orsola di Bologna diretto allora dal prof. Vannini, vidi il primo prototipo di pancreas artificiale, un rack con una specie di oscilloscopio collegato a una stampante ad aghi e tante cannule e la glicemia veniva rilevata tramite un cannula inserita in vena. Allora il complicato baracchino veniva utilizzato per non più di ventiquattro ore in ausilio agli strumenti di monitoraggio diagnostico durante un intervento operatorio, ad esempio. Ecco il mio remoto desiderio in quell’anno era di poter aver un strumento che almeno rilevasse la glicemia nell’arco della giornata ed oggi c’è ma ancora non corrisponde alla realizzazione del desiderio di allora. Quel che desidero da tutta sta prosopopea tecnologica è la disponibilità di strumentazioni affidabili in termini di risultato e più economici, in una parola: uscire dalla speculazione sulla pelle dei malati e meno fortunati.
Finito il pistolotto ora torno in trance da autoipnosi catturato dall’onda grafica del sensore: l’unica che manca è il colore poi l’effetto psichedelico – ipnotico sarebbe veramente completo e seducente, ma senz’altro nella prossima release state pur certi ci sarà.