Fai quel che vuoi e puoi nei giorni lo sai eppur tutto sembra non poter diventare vero quando in fondo c’è la sede del mistero che appare avanti a te, una luce fuggevole accompagna l’equo equino al suo destino mentre tutto d’un tratto il dado e tratto ma, sorpresa, si tratta di un cubo e che cubo: quello di Rubik, il miglior rompicapo teso a rappresentare il diabete 1 o giovanile che a dir si voglia per definirne la struttura e le sue diramazioni. La notizia che il blog a riportato per primo in Italia circa la seppur minima e infinitesimale produzione d’insulina anche nei diabetici con cinquant’anni di anzianità passati assieme alla malattia, rende una volta per tutte chiari alcuni passaggi e perché rimasti senza risposta lungo tutto il decorrere del tempo. Un esempio per tutti: quante volte vi siete chiesti la ragione, causa di inspiegabili risultati della glicemia a fronte degli stessi comportamenti nello stile di vita ed alimentare, del perché con lo stesso percorso una volta il valore è altro, un’altra è basso?
Dentro di me avevo pensato che il fegato giocasse un ruolo non solo in quanto sano e perfettamente funzionante, ma anche in relazione a un ipotetico ruolo di supplente del pancreas seppur in misura minore, poi in seconda ipotesi ritenevo da non escludere a priori la possibilità di qualche vampata di cellule d’insulina presenti sporadicamente potesse fare da reazione assommata con quelle iniettate. D’altronde l’esito della C-peptide non era da zero assoluto e la predetta ricerca inglese lo conferma. Ora senza correre troppo verso scenari futuri tutti da delineare da un lato appare chiaro come noi diabetici tipo 1 non siamo spenti d’insulina ma rappresentiamo il fornello piccolo del piano cottura.
Non sappiamo se i ricercatori troveranno il modo di darci del gas ma intanto nel presente possiamo essere forti di un fatto: le nostre basi non sono spente, aride e ogni tanto hanno addirittura qualche rigurgito di fiamma. Sarebbe interessante avere uno specchiato rappresentativo delle dinamiche di reazione delle cellule d’insulina residua per cogliere gli attimi di “micro picco” onde per cui capire anche se oltre a reagire dopo un pasto avvengono in altri frangenti della giornata.
Insomma stiamo vendendo a capo del rompicapo e poter capire ancor di più come si arrotola il bando della matassa ci aiuta a vivere meglio e con migliore elasticità il diabete, la parola d’ordine è: captare l’attimo ruggente e farlo nostro immediatamente, nel mio caso ho capito dove si assommano l’insulina residua prodotta in autonomia a quella iniettata: nel pomeriggio avviene la fase culminante del processo, per quel che mi viene da chiamare “effetto tramonto” da opporre “all’alba”.
E mentre le cellule solitarie vagano nell’immenso mare endocrino come naufraghe abbarbicate al legno galleggiante anche la mia glicemia sembra voler fare altrettanto attestandosi all’interno di una media settimanale pari a 160 mg/dl. Accontentiamoci.