L’ermeneutica intrinseca dell’intestino e del senso olfattivo combinato al gusto produce nelle arre neuro simbiotiche processi ablativi di un portata centripeta attraverso le metamorfosi atmosferiche prese dal contesto riepilogativo presente tra l’alba e il crepuscolo senza il quale si mangia oppure no dipende dalla variabile di Winston presa all’interno della curva di ascendenza dei meccanismi sincronici compresi tra il fattore alfa e la dinamica µ, nella sequenza chiaramente definita all’interno della cottura del limone.
Un chiaro e limpido modo di spiegare l’effetto della combustione dei carboidrati e del loro metabolismo proprio ieri ascoltato alla radio da un sedicente rappresentante della corrente di pensiero “macro crudista”, per sostenere come la cottura fa male alla glicemia mentre altre forme più leggere e non violente generano effetti yang nell’organismo.
Allora delle divagazioni appannanti la mente e coscienza del genere oggi me ne occupo ma lo spazio quotidiano dedicato allo scibile mutevole desidero approntarlo su un tema presente, pesante e insistente nel diabete ad ogni latitudine lo si veda, il tabù per eccellenza, lo spauracchio, lo spettro che si aggira nei meandri del nostro pancino e testa: mangiare e l’educazione alimentare. No non parlo di diete sotto ogni possibile forma o dimensione e neanche di conta dei carboidrati e dei minerali. Nulla di tutto questo.
Come ben sapete oggi di cucina e ricette se ne occupano tutti in ogni luogo del nostro pianeta, dall’Artico all’Antartide, in ogni forma e dimensione perfino gli abitanti degli altri pianeti presenti nell’universo desiderano sapere delle nostre prelibatezze, tant’è che nella sonda spaziale Voyager 1 impegnata a viaggiare nell’infinito stellare c’è un disco registrato di rame e placcato d’oro (il cosiddetto Voyager Golden Record) che contiene immagini e suoni della Terra, e la ricetta della pasta e fagioli di veneziana tradizione.
Come avete modo di leggere da un po’ di tempo in qua ogni venerdì pubblico una ricetta nutrizionalmente corretta, e voi direte: ma sto qua fa da mangiare oppure è uno che predica ma non concretizza? La necessità fa l’atto ed io mi preparo da mangiare, in buona parte, da solo, e siccome in questi ultimi anni ho pure da farlo per mio padre bloccato a casa causa iniziale demenza senile, tutto questo aiuta ad elaborare ed esercitare la preparazione alimentare.
Ma la stragrande maggioranza di noi compra il cibo già elaborato o pronto, mangia fuori casa spesso, volentieri per non dire quasi sempre. Ora vi faccio un esempio pratico degli effetti sulla glicemia del diabetico di un alimentazione già impostata nel preparazione. La pasta asciutta io la mangio la sera per aiutare a contrastare l’insorgere di eventuale ipoglicemia notturna, e fin qui ci siamo. Ora a due ore dal pasto con un condimento normale tipo pomodoro e basilico, di marca e comperato al supermercato, trovo un valore rimbalzato anche di 100 mg/dl rispetto alla partenza prima di mangiare. Il fatto non accade quando lo stesso condimento me lo preparo io, esempio: ieri sera ho fatto il sugo all’amatriciana e prima di mangiare era 150 mg/dl, due ore dopo stava a 155 mg/dl!
Come mai è possibile tutto questo? Semplice: nei prodotti già preparati, come in tutta la filiera delle salse e condimenti di pasta e cibi, aggiungono zucchero tra gli ingredienti oltre a quello naturalmente presente, da qui gli effetti sulla glicemia e adipe. Allora senza far crollare il PIL di due tre punti basterebbe chiedere all’industria alimentare di togliere ingredienti non necessari e dannosi per la nostra salute e tra questi l’aggiunta di zuccheri. Il mio so bene che resta un buon proposito senza soluzione, ma qui pongo la questione. Intanto di mio cerco di fare da mangiare nella più completa autonomia.