Default Featured Image

AlveoTi sai mai chiesto un gorilla gigante della foresta equatoriale sub sahariana come fa a sopravvivere nonostante la perpetua caccia da parte dell’uomo? Sarà l’istinto ad adattarsi combinato con la conoscenza del territorio? Una ipotesi senz’altro congrua che nella sostanza sta alla base, ritengo, di ogni specie vivente, ovvero: penso alla mia pelle, cerco di sopravvivere il meglio possibile. Una regola, un codice non scritto ma bene incuneato dalla natura nelle sue creature.

Dunque noi diabetici pensiamo, ognuno a modo suo, e a seconda delle varie tappe dell’evoluzione anagrafica, a come conservare la pellaccia nel corso dei tanti o pochi anni passati e vissuti con la malattia che ci terrà compagnia nonostante tutto e tutti. Il pensare come affrontare la malattia può essere d’aiuto o d’impaccio a seconda di quanto siamo pensosi e se abbiamo un approccio dominato dalla pensosità o spensieratezza.

Un momento per capire di che pasta siamo fatti lo troviamo quando, ad esempio, usciamo da una fase di criticità come una convalescenza, un periodo di difficoltà in generale: se la superiamo senza incaponirci dentro è un primo segno positivo nella direzione della nostra liberazione dagli ostacoli e un approccio positivo nella visione del presente e futuro delle cose.

La differenza comunque la fa un approccio nel tempo dei problemi: ovvero quando per molto tempo non ci vogliamo bene questo non solo lascia traccia sulla nostra salute e diabete, ma può portare a conseguenze che sono difficili, se non impossibili oggi a ripristinare a parte mettendoci delle pezze e cercando di guadagnare del tempo.

Un esempio pratico e eloquente per noi diabetici lo si ha dalle famigerate complicanze: un diabetico di tipo 1 per l’eziologia della malattia e sua evoluzione è solitamente resistente all’impatto logorante della predetta condizione, ma comunque dopo tanti anni di esistenza con la patologia assommati a lunghi periodi di noncuranza e mancanza di controllo, equilibrio della glicemia, diventa probabile se non inevitabile andare a cercare e trovare le famigerate complicanze.

In ordine di apparizione la prima ad apparire è la retinopatia ovvero le ischemie formatasi nei microvasi sono i primi indicatori che non va con il diabete da tempo, d’altronde lo si sa: è partendo dal piccolo che si fanno poi le cose in grande, nel buono come nel cattivo ordine delle natura.

Ma c’è una parte del nostro corpo che va altrettanto presa in considerazione e seguita con cura per cercare di evitare di sviluppare anche da lì una complicanza: i reni; la parola d’ordine è  evitare una nefropatia diabetica, una insufficienza renale cronica, poiché una compromissione crescente della sua funzione può diventare molto critica per la nostra salute, ma anche, ad esempio, perché da patologia ai reni come quelle indicate in precedenza scaturiscono altre problematiche come l’ipertensione arteriosa e difficoltà progressive nella vascolarizzazione e regolare circolazione del sangue nelle parti periferiche e man mano centrali. Abbiamo cura dei nostri reni e non dimentichiamo mai di tenerli sotto controllo.