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complianceFattore pizza. No questa volta esulo dalla contesa circa la conta dei carboidrati, l’impatto sulla glicemia e ipotetico dosaggio dell’insulina per fronteggiare e foraggiare l’italico cibo di fama planetaria. La pizza, con questo termine un tempo, durante la mia gioventù, era altresì definito qualcosa di noioso, poco digeribile: come un film, un situazione sociale o un conoscente per fare degli esempi, e anche il diabete era, ed è annoverato come una pizza.

Beh che la malattia nella sua struttura e sceneggiatura terapeutica, alimentare, comportamentale e di autocontrollo sia una palla, un fattore detestabile, in particolar modo per un giovane, non lo si può negare, anzi lo si conferma.
Già si mal comincia quando dobbiamo affrontare il dilemma visita di controllo del medico diabetologo, ovvero la scelta della struttura da cui farci seguire e su quali criteri, basi di riferimento fondare la preferenza. D’accordo il medico non deve farci da babbo o mamma ma un minimo di empatia e composizione organica della materia ci deve essere per rendere il percorso di avanzamento nella vita con la malattia una progressione personale anziché una regressione.

Cosa accade generalmente quando andiamo a scegliere il centro o ambulatorio in cui farci seguire per il diabete? La decisione e scelta cade per l’opzione più comoda come la prossimità a casa, gli orari in prima istanza, e se non ci si trova bene magari si resta lì un po’ per pigrizia e mancanza di informazioni utili per effettuare il cambio, poi gli ostacoli burocratici, come i tempi lunghi d’attesa per una eventuale base di passaggio ad altro spazio fanno da disincentivo a cambiare.

Mentre per la pigrizia il problema è personale e in caso di burocrazia se la determinazione c’è allora il resto viene da sé, la questione cambia invece sul terreno delle informazioni: come fare per averle e attendibili? Un tempo era mediante il passa parola che avveniva il passaggio di conoscenze circa la reputazione buona o meno delle strutture sanitarie e medici.
Oggi in Italia non è cambiata molta la faccenda, non essendoci guide ufficiali e ufficiose per la sanità e le sue specializzazioni. Nella fase attuale la tecnica del passa parola si è fatta immediata e diffusa grazie a internet, ai siti specializzati e ai social network. Il tam tam ci ha fatto uscire dalle nebbie dell’orientamento, almeno in parte credo.

Ma resta irrisolto il punto chiave di domanda: cosa cerchiamo di sostanziale in chi ci deve seguire come medico per il diabete? La prima caratteristica basilare è un professionista che abbia padronanza dello scenario di questioni che afferiscono alla malattia incrociate con la storia patologica del diabetico, poi una conoscenza e disponibilità ad affrontare assieme nuovi percorsi mirati sotto il profilo terapeutico (insulina, microinfusore, carboidrati, educazione terapeutica, ecc.). Poi se oltre a questi fattori di carattere professionale si aggiunge l’empatia e carica umana credo si può dire di aver raggiunto l’adeguatezza.

E per quanto riguarda il paziente diabetico? Posso dire solo una cosa semplice e chiara: essere esigenti è un dovere, essere complicati no. E come prima ricognizione sul tema direi può andare: a seguire per gli ulteriori e necessari approfondimenti.