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SalitaEsce ed entra dentro di me nel tempo il conflitto interiore e molto tardivamente somatizzato di accettazione della malattia: il diabete. Fin dal sua diagnosi e in particolare nel momento del primo ricovero ospedaliero in pediatria quando correva l’anno 1963 dc passato lo stordimento e disorientamento causa la permanenza in una stanza buia e in un letto con le sbarre, privo della libertà di muovermi, con il male manifesto dei sintomi acuti propri della patologia ebbi a capire di non essere più un bimbo come tutti gli altri. Poi vedere mia madre sempre piangere e mio padre con stampato sul volto la paura con la P maiuscola che non sprizzava gioia dai pori ma il sudore della strizza, beh francamente tutto questo sfido chiunque a dire, per l’epoca, fosse un qualcosa di secondario.

Poi la mazzata decisiva fu al contatto precoce con la morte infantile, come già ho scritto e raccontato nella pagina: vivo con il diabete, del blog, per non parlare delle deformità e condizioni patologiche presenti in un reparto che rappresentava una sorta di patchwork, mosaico variopinto di avversità fisiche e simili.

E’ difficile poter accettare una malattia la cui condizione, per tutto l’arco dell’infanzia e adolescenza, era fatta solo di coma ipoglicemico, iperglicemico, convulsioni e via a seguire, senza mai riuscire ad avere un equilibrio glicemico vero, decente, sempre nell’attesa certa di un ricovero in ospedale, una cura adeguata e un supporto, sostegno per me e mia madre in particolare.

I solchi, i tracciati trancianti del passato restano in me questo è innegabile ma non è che son qui per lagnarmi e lagnare il prossimo, il lettore del fatto vissuto, ho voluto semplicemente ripercorrere il percorso di vita perché c’è sempre un punto di partenza e un arrivo.

Oggi sono arrivato a una tappa importante della vita in cui posso affermare liberamente e tranquillamente di essermi liberato da ogni laccio e rifiuto della malattia diabete, e la maturità probabilmente elevata ad approccio intrinseco con lo stato patologia cronica.

Tutto il giro di parole e riflessione porta a fare una sintesi semplice e pratica, come ho scritto anche in altri spazi della rete: le difficoltà fanno male, lasciano un segno in noi, sono prove che ci attendono e solo noi possiamo superare, con la nostra forza, energia e determinazione. Una volta superati gli ostacoli, vinta la prova una cosa è indubbia e certa: usciremo più forti e migliori di come eravamo prima.

Cosa possiamo fare per distruggere, annientare gli ostacoli che si frappongono al nostro cammino? Concentrarci per sviluppare tutta la nostra energia e spinta creativa, distogliere lo sguardo da quanto ci fa perdere tempo distrarre e fare anche cose apparentemente semplici come  inventare una nuova ricetta per la tavola, o percorre un nuovo sentiero da utilizzare a scopo sportivo, e via di ingegno per azionare e mettere in moto corpo e mente, tutto il resto verrà da solo.