Il diabete è roba da grandi, ovvero si fa presto a capire che per campare qualche anno di più o comunque guadagnare tempo nella vita occorre avere un poco di disciplina, una forma di regolazione un tempo, almeno per noi maschietti, era dato dal servizio militare di leva, essendo la fase adolescenziale e iniziale dell’età adulta turbolenta e dolente, indolente contemporaneamente, così come insofferente, per gli individui “sani” c’era il passaggio dall’io al noi inteso come essere in uno Stato attraverso un periodo di vita sotto “le armi”. Il diabetico conclamato era riformato dal prestare il servizio militare e tale regola permane pure oggi per il servizio di ferma o comunque la carriera nelle varie armi.
I diabetici appartenenti al partito del “diabete senza limiti” sostengono che sarebbe da eliminare questa sorta di divieto, capisco che la coerenza è lecita ma c’è un distinguo pesante da fare: siccome esercitare un ruolo di attacco, difesa o comunque d’azione bellica significa non solo essere in forma, ma garantire di avere piena padronanza della propria condizione psicofisica è evidente come in condizioni di elevata difficoltà: tipo carenza di cibo e acqua o costrizioni ambientali una persona con una patologia complessa e manifestazioni sintomatologiche pesanti (ipoglicemia, iperglicemia e chetoacidosi solo per citarne alcune) finisce per essere d’intralcio se non mettere in pericolo un’azione militare e tutta la squadra impiegata. Figuriamoci se mai gli ufficiali in capo vanno a prendersi una responsabilità simile.
E’ successo invece che per un diabete con esordio nel corso della carriera militare sia avvenuto un mutamento di mansioni da “operativo” a “stanziale”. Per concludere la digressione circa il tema servizio militare e diabete chi vi scrive ottenne la riforma permanente dal servizio di leva nel 1979 e ricordo proprio nel 1981 un episodio di cronaca accaduto nel modenese di un giovane uomo dell’età di 21 anni affetto da diabete 1, il quale morì mentre prestava la leva. Come era potuta succedere una cosa simile? Si venne a sapere che il soggetto nascose alla visita medica di leva l’essere diabetico perché voleva fare il militare e il resto è presto detto: all’epoca l’agibilità per la somministrazione dell’insulina era quanto meno debole: le penne ancora non c’erano e cominciavano ad apparire le prime siringhe di plastica solo per fare qualche esempio, poi nel caso estremo sopradetto vi erano altri fattori ben più chiari e marcati, come il rifiuto della malattia fino alle estreme conseguenze.
Oggi fare il soldato è facoltativo e anzi viene riservato solo a chi lo vuol fare di carriera e come professione, nonostante questo ho voluto ripercorrere un passo del recente passato per marcare una questione che resta e resterà sempre presente nelle tappe dell’evoluzione umana con il diabete tipo 1: la criticità del rapporto tra malattia e adolescenza con le tappe successive di sviluppo.
L’argomento si riflette sia sui maschi che nelle femmine, l’errore che spesso si fa sta nel voler assurgersi a “risolutori” del fatto per poi passare per estremo a menefreghisti , quando invece si tratta di identificare le situazioni problematiche e affrontarle come si deve.