Le giornate estive propagano i loro colori, odori e umori la fuori mentre tu le vivi senza ritegno, degno di essere vivo e giocare per strade e calli, campi e acquitrini così da scoprire dove sei ed esisti e non resisti ai richiami del corpo, il quale ti chiede di muoverti, non stare fermo: tu sei pieno d’energia e cogli ogni foglia ne fai affresco, collezioni pietre per farne decorazione e forma adorna di quel elemento che un dì scorderai nel magazzino della memoria.
Esordisco con un tema e una domanda dalle cento pistole: perché diventando adulti perdiamo la voglia, entusiasmo e vitalità nello sprigionare energia, voglia di stare fuori e conoscere come accadeva durante la nostra infanzia e adolescenza?
So che si dirà: non è così; molti sosterranno che fanno, brigano, corrono, si muovono. Nulla da eccepire come, d’altro canto, l’ormai pervasiva presenza del convitato di pietra nella nostra quotidianità rappresentato dalla sedentarietà ipnotico-tecnologica. Le comodità ha un prezzo: l’inamovibilità dominante dall’alto verso il basso e viceversa. Televisione, automazione, motorizzazione e molto altro ancora hanno si semplificato e migliorato il vivere quotidiano ma al tempo stesso resi statici, sedentari.
Scrivo di questo argomento vecchio e logoro ancora una volta a seguito dell’ultima visita per il diabete: sia a margine del referto del medico che nel piano alimentare rilasciato dalla dietista c’è scritto in calce – praticare giornalmente almeno trenta minuti di movimento, camminata per raggiungere un equilibrio metabolico regolare.
Oggi risparmio prediche e morale sul fare movimento e benefici derivati, desidero fare una mia riflessione con alcune proposte pratiche: fra le innumerevoli cazzate fatte nel corso della mia vita l’unica con un effetto positivo, sta nel non avere acquisito la patente automobilistica, e di camminare e ben oltre la base dei trenta minuti.
A proposito di camminare, correre pedalare e via di questo tipo la quasi totalità delle strade, marciapiedi e sentieri, camminamenti versa in condizioni pietose e la sicurezza di chi pratica jogging, ciclismo e analoghe attività fisiche e spesso messa a rischio di incidenti o infortuni. Praticare la stessa attività per strada, con il traffico intenso presente oramai senza distinzioni tra città e campagna, pone il rischio sempre più frequente di restare investiti. Pertanto come cittadini e diabetici dovremmo rivendicare ad ogni latitudine del nostro paese condizioni di sicurezza e civiltà nella necessaria pratica quotidiana dell’esercizio fisico ad ogni età; questione dimenticata.
Infine visto che nella stragrande maggioranza dei centri e ambulatori di diabetologia ci resta tante ore nell’attesa di una visita e l’universo diabete è contrassegnato dalla presenza di decine, centinaia per non dire migliaia di sponsor in ogni campo, perché non chiedere di far mettere delle cyclette e analoghi in modo tale di fare movimento e utilizzare così al meglio il tempo della chiamata al controllo?