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holterC’è qualcosa nell’aria che lascia trasparire l’avvicendarsi delle vicende umane e si presenta come abitudine quando la condizione amica offerta dalla tecnologia affiora dalle acque e diventa schiuma detergente, emolliente creando un sollievo, effetto benessere evidente. Ma prima di arrivare a tale stato occorre avviare un cammino ben preciso.

Il cammino di luce che porta al sensore della vita richiede una esplorazione, palpazione del corpo: prendere i polpastrelli delle dita uniti a cinque e compiere piccoli avanzamenti ondulatori, così facendo si carpisce dalla superficie epidermica la presenza di lipomi e lipodistrofie che provocano un malassorbimento dell’insulina iniettata come allo stesso modo circa il punto d’inserimento sotto cute del catetere del microinfusore. Il discorso è ancora più complesso in presenza delle predette condizioni per il funzionamento del sensore continuo della glicemia, poiché tale situazione rende il segnale flebile e poco duraturo, ragione per cui non limitiamoci solo a controllare la pelle ma anche mappare i punti “critici”. Dopo gli episodi di fallimento nell’inserimento del sensore a seguito di una collocazione in aree addominali usurate dalle iniezioni e presenza di lipomi, quindi non in grado di far fungere l’elettrodo dell’Holter, sono arrivato a segnare i punti negativi con cerchietti a penna.

Come ho scritto nei giorni scorsi dopo aver inserito l’ago di innesto del sensore glicemico sotto pelle, lo lascio dentro per almeno 15 minuti, tale manovra aiuta l’elettrodo a prendere una migliore conduzione del segnale e adesione al liquido interstiziale. Tutto questo processo richiede molta calma e pazienza, lo voglio rimarcare per bene poiché in prima fase il “giramento di balle” è garantito. Pertanto prima di procedere prendetevi del tempo: almeno un paio d’ore, così da fare una attività preparatoria di rilassamento attraverso respiri lunghi e profondi, poi esaminate se avete fatto mente locale dell’occorrente e quindi eseguite l’operazione. Tale processo vale solo per coloro che hanno problemi analoghi al mio, tutti gli altri possono stare sereni.

Tutta sta trafila perché uno la fa? La ragione è presto detta: con il sensore addosso e funzionante nel corse di queste ultime due settimane non solo ho evitato l’ipoglicemia, ma anche il temibile effetto “rebound” contraccolpo iperglicemico che, nel mio caso, è duro da far rientrare. Aggiungo un altro fatto non di poco conto: grazie all’impiego di tale strumentazione, oltre ad evitare pericolosi abbassamenti della glicemia riesco a conservare un decente compenso della glicemia, con normoglicemiche notevoli.

Non faccio altri esempi, ma solo ribadire una dato: nel bene e nel male la tecnologia applicata è fatta dall’uomo, quindi nulla deve essere impossibile. Mollare la presa mai davanti alle difficoltà, questa la lezione che ho imparato dalle difficoltà avute con il sensore: è vero ci ho messo tanto a capirlo ma alla fine ho risolto il problema e tutto questo lo compiuto coi miei mezzi, senza altri, così non dovrebbe essere anzi.

Chi la dura la vince.