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Girata la pagina del rituale ferragosto e luoghi comuni ripetuti sull’estate come la dieta, ebbene è proprio di quest’ultima nel post odierno che voglio trattare. L’argomento l’ho sempre strattonato perché la visione e lettura popolare dell’alimentazione e nutrizione umana è sempre vista come un coacervo di divieti, mode, estetismi e vanità da mettere tutte insieme e dargli fuoco, tanto alla fine le informazioni e conoscenze entrano dall’orecchio sinistro ed escono dal destro. Ridicolizzare una questione molto seria è una di quei comportamenti, atteggiamenti umani che mi fa andare in bestia: per una ragione strutturale che individuale.

L’ultimo esempio di cattiva scuola lo si ricava da chi fa e da informazione, non importa il mezzo, e riguarda l’enfatizzazione dei cosiddetti super cibi e cibi terapeutici: le bacche di goji, di acai, le noci, la cannella, gli spinaci, le mandorle, la frutta secca, i cavoli, il caffè, il cioccolato e mi fermo qui perché oltre a rifilare l’intero dizionario agroalimentare non darei alcun senso alla cosa. Lo stupidario informativo è evidente per delle ragioni molto importanti per la salute umana e la sua compromissione, e nessun informatore, giornalista che si rispetti lo tratta.

Oggi una persona che vuole fare un dieta seria ed essere seguito da medici, nutrizionisti e dietisti abilitati dal SSN non può farlo. Tali servizi sono inaccessibili, punto. E allora cosa resta da fare? Rivolgersi alla libera professione sborsando all’incirca 1000 euro di media mensili per una dieta e piano nutrizionale, metabolico relativo. Risultato: uno si affida alla lettura dei siti web, giornali e simili, va a mangiarsi due etti noci, uno di mandorle, tre di bacche e cacao, un thermos di caffè e poi gli viene fuori il diabete tipo 2.

A queste problemi si aggiungono poi i vari fanatici delle alimentazioni a sfondo “new age” “apocalittico” e settario, nonché i sempreverdi ed eterni ciarlatani ed imbonitori nudisti, crudisti, vegani, carnivori, antropofagi ecc.

Cibi “terapeutici” per il diabete dunque? La banalizzazione attraverso una sistematica disinformazione e una inacessibilità in percorsi dietologici credibili mediante le strutture preposte della sanità pubblica e convenzionata e non con il fai da te rendono l’autarchia via possibile per quanti non hanno mezzi economici nel sostenere tali costi (accesso alla libera professione), un poco come accade da sempre per le cure odontoiatriche ed oggi l’oculista, dermatologo ecc.

Poi ci si lamenta del dilagante fenomeno chiamato diabete tipo 2?

Infine una riflessione sul mestiere del giornalista in campo medico, scientifico e sanitario; fatte salve poche e circoscritte individualità tale professione nel nostro paese si esercita con un approccio scandalistico nella sostanza e nei titoli, alla ricerca del gossip e della dietrologia, anziché nella sua manifestazione più idonea e professionale: il reportage, l’analisi e lavoro di intelligence sui dati.

Ecco la salute e la medicina sono trattati da tutti allo stesso modo delle vicende sessuali tra Buffon e relative partner per non restare sull’attualità.

Che si fa allora? Per non lasciare inevasa la questione noi lettori, sia digitali che cartacei, dobbiamo inondare le redazioni di email e lettere con cui chiedere chiarezza e indicazioni operative su come accedere alle “soluzioni finali” proposte dai media.