Default Featured Image

vomitoLa civiltà dei consumi e spazzatura spesso evocata, richiamata e additata trova quotidianamente esempio del suo progredire sotto gli occhi di tutti, almeno in massima parte del paese, basta affacciarsi alla finestra e a pochi metri di distanza si scorgerà il poker di bidoni per la raccolta differenziata dei rifiuti.  Lo stesso accade da  casa mia, anzi dal salotto c’è una mini discarica  posizionata nel parcheggio sottostante e che affianca la piazza del mercato del sabato mattina. Ora siccome nel comune confinante fanno la raccolta porta a porta e nel mio no, i cittadini della predetta realtà municipale vengo a sversare la spazzatura sotto casa ed è una processione continua.

D’altronde si sa: la discarica del vicino è più ampia. Certo che a pensare da uomo d’età ai vecchi bidoni cilindrici e monogami  degli anni 60 e 70 confrontati con il presente si capisce la verticale crescita esponenziale avuta dalla spazzatura in pochi anni. Il diabete non è esente da colpe, infatti un tempo con l’impiego della siringa di vetro e ago da sterilizzare e bollire ogni volta, l’accumulo di materiale di scarto da gettare era molto ridotto, poi con l’arrivo delle siringhe di plastica e penne, strisce e lancette, materiale di ricambio dei microinfusori anche qui la massa da buttare è andata a quintuplicarsi come minimo. Pro e contro del progresso.

Il rigetto dell’oggetto ha una pratica e dimensione ben più estesa nel nostro tempo: ad esempio un aspetto molto triste e negativo delle relazioni sociali contemporanee, andato in crescendo di generazione in generazione, riguarda l’usa e getta delle persone, amici e partner quasi come fossero dei fazzoletti di carta o peggio.

Invece una storia a parte e meritevole di attenzione l’ha la crisi con i manovratori del diabete. Mentre è più volte messa in evidenza, nell’arco degli anni, la difficoltà o noncuranza nei riguardi dei controllo della glicemia, delle iniezioni d’insulina ed esami di laboratorio e non da effettuare, un lato oscuro della materia riguarda il rigetto, rigurgito mentale verso i medici, in questo caso gli specialisti in diabetologia. Le cause sono tante e non sono dell’idea di esporle poiché appartengono al vissuto specifico di ogni individuo.

Il rigetto verso la visita medica di controllo periodico ho notato che è una variabile che viene, scompare e riappare nel corso degli anni. Durante le attese per il disbrigo delle pratiche di accettazione al controllo della malattia mi è capitato di sentire tante persone di ritorno “sul posto” dopo anni di assenza, e parlo di diabetici tipo 1. Me stesso ha contribuito a infoltire tale schiera, marcando visita per ben quindici anni.

Il dato è un fatto e non sto qui a criticare o biasimare nessuno: ci si rompe i coglioni non solo di aspettare una visita, ma anche di conoscere lo stesso refrain e motivetto musicale nel corso dell’incontro e poi vedere le cose lì in attesa di non si sa cosa. Non è un gettare la spugna in molti casi, ma semplicemente constatare come si è soli nella malattia anche in quel breve tempo dedicato alla visita.