Domenica 26 ottobre lanciavo un hastag #nessunoescluso – un bel sogno poiché la realtà a ben altre forme e a proposito di sanità, salute e accesso alla cure, terapie innovative è interessante la lettura dei dati emersi nel rapporto 2014 sulla sanità dell’università di Roma Tor Vergata sull’argomento: In sette anni il deficit giù del 79,5% ma è la spesa privata a salvare il servizio sanitario nazionale. L’Italia spende sempre meno nella media Europea ed è ormai la spesa privata delle famiglie a salvare la sanità pubblica. Spese che possono sostenere le fasce di reddito più elevate e in particolare al Nord, mentre al Sud, con Campania e Sicilia ultime in classifica, l’accesso alle cure, come l’abbandono o il rinvio delle cure stesse, la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale rischia di diventare sempre più un optional. Mentre Governo e regioni si confrontano sui tagli da 4mld previsti per i governatori dalla manovra 2015, arrivano dati per tanti versi inediti sulla sanità pubblica dal rapporto del «Crea sanità» dell’università romana di Tor Vergata. Il rapporto, illustra nel dettaglio tutte le anomalie che caratterizzano il SSN. A partire dalla fortissima riduzione dei disavanzi di asl e ospedali, che dal 2005 sono calati del 79,5% e non si concentrano affatto tutti al Sud, dato che però non va letto con ottimismo. Accade infatti che l’Italia spende sempre meno nella media Ue -14 con una forbice che nel 2012 è cresciuta a -25,2%, che per gli anziani è addirittura del -35%. Col Nord a -20% e il Sud a -33, una differenza tra Valle d’Aosta e Campania de148% (3.184 euro pro-capite contro 2.147) e col Sud che ha una potenzialità di spesa in media inferiore del so per cento. Diseguaglianze estreme del malsano federalismo sanitario d’Italia. Dove per la prevenzione siamo sempre più indietro, quasi non fosse uno dei (se non il principale) fattore di rilancio, inclusa la carenza di risorse (se ben spese) per gli investimenti, altro capitolo in chiaroscuro del Ddl di stabilità 2015 che sta facendo litigare palazzo Chigi e i governatori. Ma accade ancora, nel Bel-paese della salute pubblica, che negli ultimi 5 anni siano cresciuti i casi di “razionamento” delle cure, a partire dall’accesso ai nuovi farmaci, che nel confronto con Germania, Inghilterra e Francia ci vede indietro nei tempi di accesso al mercato anche fino al 75%. Tutto questo, mentre in ben 11 regioni (Sud e Centro in testa) l’assistenza a domicilio dei disabili è sotto la soglia del 4% del totale. Non esattamente quello che dovrebbe avvenire in un Paese civile e uguale da nord a sud. Il federalismo, appunto. E i troppi e malsani ritardi dei sistemi sanitari locali. Che poi sia la spesa privata a salvare quel che il Servizio sanitario pubblico non riesce sempre e ovunque a dare, non può stupire. Ne è la logica conseguenza. Con spese locali distanti anche fino al 40%, tra i mille euro procapite della Valle d’Aosta e i 200 della Campania, dove poi il servizio pubblico è più ammalato. Come dire, due bastonate insieme, anche perché tra ticket e super addizionali i cittadini pagano doppio l’essere del Sud.
Ma uno specchiato concreto di questo rapporto lo si ha da tempo leggendo e partecipando alle discussioni presenti nei gruppi sul diabete presenti nei social network, dove ancora si cerca di aiutarsi reciprocamente in particolare con i presidi e accessori per l’autocontrollo domestico della glicemia.
Poi si dice che il popolo italiano non è generoso? Pagare due volte lo stesso servizio non è certamente indicatore di avarizia, e con questa tiritera della prevenzione (che non si fa), con questa litania del deficit, malasanità e disservizi per le quali poco si è visto di concreto nell’intervenire sui problemi e le cause della sue generazione, e si fatto per addivenire a riforme incisive per smantellare le spese inutili e la corruzione. Resta solo e sempre l’onere e il costo economico e sociale sulle spalle del cittadino.