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ipoglicemia

Oggi un super post dedicato al punto critico d’eccellenza con il diabete: l’ipoglicemia. Buona lettura.

Il cervello dipende dal glucoso plasmatico come principale carburante metabolico nella maggior parte delle situazioni. La barriera ematoencefalica impedisce il passaggio degli acidi grassi liberi (FFA) legati all’albumina plasmatica e la velocità di trasporto dei chetoni al cervello è troppo bassa per soddisfare il suo fabbisogno energetico, a meno che i normali livelli plasmatici a digiuno dei corpi chetonici non siano marcatamente aumentati. Il glucoso plasmatico viene normalmente regolato in modo da mantenere un livello che ne assicuri il trasporto all’encefalo in quantità adeguate.

A livello cerebrale non è l’insulina che regola l’utilizzazione del glucoso. Specifici centri situati all’interno del sistema nervoso centrale (SNC) controllano i livelli di glucosio plasmatici e reagiscono a una potenziale carenza aumentando rapidamente l’attività del sistema nervoso adrenergico, cui consegue il rilascio di adrenalina. Risposte neuroendocrine addizionali comprendono l’aumento della secrezione di ormone della crescita e di cortisolo e la riduzione della secrezione di insulina. La produzione epatica di glucoso aumenta e la sua utilizzazione da parte dei tessuti non nervosi diminuisce. La stimolazione adrenergica e il glucagone svolgono ruoli cruciali nella risposta acuta all’ipoglicemia, mentre la secrezione di ormone della crescita e di cortisolo è tardiva e meno importante, anche se i deficit cronici di questi ormoni possono compromettere la normale risposta controregolatoria all’ipoglicemia. Se si instaura un grave deficit di glucoso a livello del SNC, l’attività dei centri cerebrali superiori si riduce in modo da ridurre al minimo il fabbisogno energetico del cervello. Qualora l’ipoglicemia in un paziente incosciente non venga trattata rapidamente, ne possono conseguire convulsioni e deficit neurologici irreversibili, o anche la morte.

Il glucagone è un ormone polipeptidico secreto dalle cellule a del pancreas, presente nell’uomo quasi esclusivamente all’interno delle insule pancreatiche. Ai livelli plasmatici fisiologici, gli effetti del glucagone sono limitati al fegato, dove l’ormone determina un incremento acuto della glicogenolisi e del rilascio di glucoso nel plasma; esso stimola inoltre la gluconeogenesi e attiva il sistema di trasporto degli FFA a catena lunga all’interno dei mitocondri epatici per l’ossidazione e la chetogenesi. Rari, isolati casi di ipoglicemia neonatale persistente sono stati attribuiti a un deficit relativo di glucagone associato a iperinsulinemia relativa.

L’ipoglicemia può essere dovuta a farmaci (la causa più comune) o ad altre cause.

Ipoglicemia dovuta a farmaci: l’insulina, l’alcol e le sulfaniluree sono responsabili della maggior parte dei casi di ricovero ospedaliero per ipoglicemia. L’ipoglicemia alcolica è caratterizzata da compromissione dello stato di coscienza, stupor o coma in un paziente con un’alcolemia significativamente elevata, e il quadro clinico è ascrivibile principalmente all’ipoglicemia. L’ossidazione dell’alcol nel fegato aumenta il rapporto tra la forma ridotta e quella ossidata del nicotinamide adenin dinucleotide nel citosol, e inibisce il rilascio di glucoso da parte del fegato tramite l’inibizione dell’utilizzo dei principali substrati gluconeogenetici del plasma (lattato, alanina) per la sintesi di glucoso, con il risultato di una caduta della glicemia che stimola l’aumento degli FFA e dei chetoni plasmatici. Essa è frequentemente associata all’aumento dei livelli plasmatici di lattato e chetoni e ad acidosi metabolica. La sindrome insorge in individui che assumono alcol dopo un digiuno sufficientemente prolungato da rendere dipendente dalla gluconeogenesi il rilascio di glucoso da parte del fegato. L’ipoglicemia alcolica richiede un trattamento tempestivo. Essa può essere indotta da livelli ematici di alcol ben al di sotto dei comuni limiti di legge per la guida, pari a 100 mg/dl (22 nmol/l). Dopo un’infusione EV rapida di 50 ml di soluzione glucosata al 50% seguita da soluzione glucosata al 5% EV (abitualmente con l’aggiunta di tiamina), si osservano di solito un rapido miglioramento del livello di coscienza e la successiva risoluzione dell’acidosi metabolica.

Altri farmaci che meno comunemente provocano ipoglicemia comprendono i salicilati (più spesso nei bambini), il propranololo, la pentamidina, la disopiramide e l’ipoglicina A, che si trova nel frutto akee acerbo (la quale è la causa di una condizione patologica nota come malattia del vomito giamaicana). Il chinino è probabilmente una causa di ipoglicemia nei pazienti con malaria da plasmodium falciparum.

Ipoglicemia dovute ad altre cause: vi sono incluse l’ipoglicemia a digiuno, caratterizzata da manifestazioni a carico del SNC, di solito durante il digiuno o l’attività fisica e l’ipoglicemia reattiva, caratterizzata da sintomatologia adrenergica che insorge esclusivamente quando stimolata da un pasto. L’ipoglicemia reattiva è di solito associata a diminuzioni del glucoso plasmatico meno marcate e meno durature rispetto all’ipoglicemia a digiuno. Alcuni disordini che provocano ipoglicemia sintomatica si presentano solitamente durante la prima o la seconda infanzia, mentre altri si presentano più comunemente in età adulta.

Le cause di ipoglicemia a digiuno di solito diagnosticate durante la prima o la seconda infanzia comprendono i deficit ereditari degli enzimi epatici che limitano il rilascio di glucoso da parte del fegato (deficit di glucoso-6-fosfatasi, fruttoso-1,6-difosfatasi, fosforilasi, piruvato carbossilasi, fosfoenolpiruvato carbossichinasi o glicogeno sintetasi). Difetti ereditari dell’ossidazione degli acidi grassi, compresi quelli che originano dal deficit sistemico di carnitina, e difetti ereditari della chetogenesi (deficit di 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA-liasi) provocano ipoglicemia a digiuno limitando l’ambito entro il quale i tessuti non nervosi possono soddisfare il loro fabbisogno energetico con gli FFA e i chetoni plasmatici durante il digiuno o l’esercizio fisico. In tali circostanze, questa situazione dà origine a un aumento spropositato del tasso di estrazione del glucoso da parte dei tessuti non nervosi.

L’ipoglicemia chetosica nei lattanti e nei bambini è caratterizzata da episodi ricorrenti di ipoglicemia a digiuno con elevati livelli di FFA e corpi chetonici nel plasma, livelli di lattato solitamente nella norma e bassi livelli plasmatici di alanina. Nei lattanti e nei bambini normali, la durata del periodo di digiuno occorrente per causare una glicemia abnormemente bassa è molto minore che negli adulti; nei pazienti con ipoglicemia chetosica questo periodo è ulteriormente ridotto e la sua riduzione è attribuibile a un difetto quantitativo della capacità di mobilizzare i substrati per la gluconeogenesi epatica. La nesidioblastosi è caratterizzata da una diffusa proliferazione di cellule insulino-secernenti derivate dall’epitelio dei dotti pancreatici e da microadenomi pancreatici costituiti da tali cellule; essa è una causa rara di ipoglicemia a digiuno nei bambini e lo è ancora di più negli adulti.

Gli adenomi o i carcinomi delle cellule insulari (insulinomi) sono una causa rara e solitamente curabile di ipoglicemia a digiuno e vengono diagnosticati più frequentemente negli adulti. Possono insorgere come patologie isolate o nel contesto di una sindrome da neoplasie endocrine multiple (MEN) di tipo I. I carcinomi costituiscono appena il 10% dei tumori delle cellule insulino-secernenti delle insule pancreatiche. L’ipoglicemia nei pazienti con adenomi insulari è il risultato della secrezione incontrollata di insulina, che può essere individuata clinicamente durante il digiuno e l’attività fisica. Sebbene i livelli plasmatici assoluti di insulina possano non essere eccessivamente elevati, essi possono risultare elevati in modo inappropriato per la situazione di ipoglicemia e digiuno prolungato.

Un’ipoglicemia può essere causata anche da voluminosi tumori non insulino-secernenti, più comunemente tumori maligni di origine mesenchimale a sede retroperitoneale o toracica. Il tumore secerne un fattore di crescita insulino-simile anomalo (un IGF-II di grandi dimensioni), il quale non si lega alle proteine plasmatiche cui normalmente dovrebbe legarsi. L’aumento di IGF-II libero che ne deriva determina ipoglicemia tramite l’IGF-I o i recettori insulinici. L’ipoglicemia si risolve quando il tumore viene rimosso completamente o parzialmente e di solito si ripresenta quando esso recidiva.

Un’epatopatia diffusa può causare ipoglicemia a digiuno. (Forme di cirrosi diverse da quella cardiaca causano raramente ipoglicemia.) L’ipoglicemia autoimmune si verifica raramente nei soggetti non diabetici e il meccanismo con cui essa si instaura in tale patologia non è stato ancora compreso. I pazienti affetti da diabete insulino-resistente dovuto ad anticorpi diretti contro il recettore insulinico e acantosis nigricans sviluppano a volte anticorpi anti-recettoriali che mimano gli effetti dell’insulina e provocano ipoglicemia a digiuno.

L’ipoglicemia a digiuno si manifesta occasionalmente nei pazienti con insufficienza renale cronica; di solito non si riesce a identificare una causa specifica. Lo sviluppo della nefropatia nei diabetici in trattamento insulinico può provocare ipoglicemia diminuendo la degradazione renale dell’insulina e il suo fabbisogno. La cachessia e lo shock endotossinico possono provocare ipoglicemia a digiuno in qualunque fascia d’età. L’ipopituitarismo associato a deficit di cortisolo e ormone della crescita può provocare ipoglicemia a digiuno. Il morbo di Addison (insufficienza corticosurrenalica primitiva) causa raramente ipoglicemia nei non diabetici, a meno che non siano defedati, ma insorge con frequenza crescente nei pazienti con DM di tipo I, nei quali causa spesso ipoglicemia e diminuzione del fabbisogno di insulina.

Nei pazienti affetti da intolleranza ereditaria al fruttoso, galattosemia e ipersensibilità alla leucina dell’infanzia, specifici componenti alimentari provocano un’ipoglicemia reattiva. Nell’intolleranza ereditaria al fruttoso e nella galattosemia, il deficit ereditario di un enzima epatico causa l’inibizione acuta della produzione epatica di glucoso quando vengono ingeriti fruttoso o galattoso. Nei pazienti con ipersensibilità alla leucina dell’infanzia, l’aminoacido provoca un’eccessiva risposta secretoria insulinica al pasto e ipoglicemia reattiva.

L’ipoglicemia reattiva associata al DM di tipo II nella fase precoce di esordio è caratterizzata da sintomatologia adrenergica che insorge da 4 a 5 h dopo i pasti ed è associata a un livello glicemico abnormemente basso che fa seguito a una fase iniziale di iperglicemia post-prandiale. Ciò viene attribuito al fatto che l’insulina plasmatica aumenta in ritardo e in maniera eccessiva. Alcuni medici ne mettono in dubbio la reale esistenza.

L’ipoglicemia alimentare è un’altra forma di ipoglicemia reattiva che insorge nei pazienti che hanno subito in precedenza un intervento chirurgico a carico del tratto GI superiore (gastrectomia, gastrodigiunostomia, vagotomia, piloroplastica), il quale fa sì che l’ingresso e l’assorbimento del glucoso a livello intestinale avvengano troppo rapidamente, provocando un’eccessiva risposta insulinica ai pasti. Essa può verificarsi da 1 a 3 ore dopo il pasto. Casi molto rari di ipoglicemia alimentare idiopatica si verificano anche in pazienti che non hanno subito interventi chirurgici sul tratto GI.

L’ipoglicemia si presenta con due categorie di manifestazioni cliniche: (1) la sintomatologia adrenergica comprende sudorazione, irritabilità, tremori, debolezza, palpitazioni e senso di fame attribuiti all’aumento dell’attività simpatica e del rilascio di adrenalina (tali disturbi possono verificarsi anche nei pazienti surrenectomizzati). (2) Le manifestazioni a carico del SNC comprendono stato confusionale, comportamento inappropriato (che può essere confuso con uno stato di ebrezza), disturbi visivi, stupor, coma e convulsioni. Il coma ipoglicemico causa frequentemente ipotermia. La sintomatologia adrenergica compare di solito in seguito a riduzioni della glicemia acute e meno marcate di quelle che causano l’insorgenza di manifestazioni a carico del SNC, ma i livelli plasmatici ai quali i sintomi di entrambi i tipi fanno la loro comparsa variano molto tra i diversi soggetti.

Sia che il paziente si presenti con manifestazioni a carico del SNC sia con sintomatologia adrenergica, entrambe diversamente inspiegabili, per la diagnosi è necessaria la dimostrazione che i sintomi si verificano in associazione con valori glicemici abnormemente bassi e che regrediscono con l’innalzamento dei livelli plasmatici di glucoso. Viene definito come livello di glicemia abnormemente basso quello < 50 mg/dl (< 2,78 mmol/l) nell’uomo o < 45 mg/dl (< 2,5 mmol/l) nella donna (al di sotto dei limiti inferiori osservati in uomini e donne normali dopo un digiuno di 72 h) e < 40 mg/dl (< 2,22 mmol/l) nei bambini.  La maggior parte dei casi di ipoglicemia insorge in pazienti trattati con insulina o sulfaniluree o che abbiano assunto recentemente alcol e la diagnosi in questo tipo di pazienti costituisce raramente un problema.

Le indagini iniziali comprendono un test glicemico rapido in tutti i pazienti con alterazione inspiegata dello stato di coscienza (o convulsioni). Se si riscontra una glicemia abnormemente bassa, viene somministrato glucoso in infusione rapida; il rapido miglioramento delle manifestazioni a carico del SNC in seguito all’aumento della glicemia (cosa che avviene nella maggior parte dei pazienti) conferma la diagnosi di ipoglicemia a digiuno o da farmaci. Una parte del campione di sangue prelevato all’inizio deve essere conservata come plasma congelato per determinare i livelli iniziali di insulina, proinsulina e peptide C o per eseguire gli esami tossicologici quando necessario. È opportuno eseguire la determinazione della lattacidemia e del pH ematico e la ricerca dei corpi chetonici nel plasma.

Le altre cause possono essere identificate con le indagini di laboratorio. I pazienti con tumori pancreatici insulino-secernenti (insulinomi, carcinomi a cellule insulari) di solito presentano un aumento dei livelli di proinsulina e peptide C consensuale al livello di insulina. I pazienti che assumono una sulfanilurea potrebbero avere un livello di peptide C aumentato, ma deve essere dimostrabile l’elevato livello ematico del farmaco. I soggetti con ipoglicemia indotta da iniezioni di insulina esogena (comunemente operatori sanitari o familiari di diabetici) hanno livelli normali di proinsulina e un peptide C soppresso. Nei rari casi di ipoglicemia autoimmune, l’insulina libera plasmatica nel corso dell’episodio ipoglicemico è di solito marcatamente elevata, il peptide C soppresso e gli anticorpi plasmatici anti-insulina facilmente determinabili. La distinzione tra ipoglicemia autoimmune e somministrazione surrettizia di insulina richiede l’esecuzione di indagini particolari.

I pazienti con insulinoma differiscono da quelli con altre cause di ipoglicemia a digiuno perché essi spesso si rivolgono al medico per episodi isolati di improvvisa confusione mentale o perdita di coscienza che si sono verificati per anni e possono essere diventati più frequenti nell’ultimo periodo. Gli episodi si verificano solitamente a distanza di oltre 6 h dall’ultimo pasto o dopo un digiuno notturno e vengono talvolta precipitati dall’attività fisica (p. es., una passeggiata a ritmo sostenuto prima di colazione). Essi possono risolversi spontaneamente, ma con l’anamnesi si riesce spesso a far emergere una storia di rapido miglioramento in coincidenza con l’assunzione di liquidi o carboidrati. La presenza di un elevato livello plasmatico di insulina (> 6 mU/ml [> 42 pmol/l]) in associazione con l’ipoglicemia è fortemente suggestiva della presenza di un tumore insulino-secernente, se si può escludere l’uso surrettizio di insulina o sulfaniluree.

Se non sono evidenti altre cause di comparsa occasionale di sintomatologia a carico del SNC, il paziente viene ricoverato e tenuto a digiuno. Vengono tenuti sotto controllo i livelli plasmatici di glucoso, insulina, proinsulina e peptide C. Entro 48 h il 79% dei pazienti con insulinoma sviluppa la sintomatologia e il 98% la sviluppa entro 72 h. Il digiuno viene sospeso dopo 72 h o al momento dell’insorgenza dei sintomi. Se il digiuno è in grado di riprodurre la sintomatologia del paziente e se essa risponde rapidamente alla somministrazione di glucoso ed è associata a una glicemia abnormemente bassa e a un livello plasmatico di insulina inappropriatamente alto, si può porre una diagnosi presuntiva di tumore insulino-secernente. Ulteriori procedure diagnostiche (p. es., l’infusione EV di tolbutamide) sono raramente necessarie e devono essere utilizzate solo in centri di riferimento con vasta esperienza al riguardo. Gli insulinomi sono in genere troppo piccoli per poter essere identificati con gli esami radiologici standard o la TC. I pazienti nei quali sia stata posta una diagnosi presuntiva devono essere inviati a un centro di riferimento per essere valutati da personale esperto prima di essere sottoposti a qualunque intervento.

L’ipoglicemia alimentare deve essere presa in considerazione soltanto nei pazienti precedentemente sottoposti a interventi chirurgici sull’apparato GI superiore e che manifestano sintomatologia adrenergica post-prandiale selettivamente corretta dall’ingestione di carboidrati. Il rapporto tra la sintomatologia e i livelli plasmatici di glucoso viene valutato mediante il controllo domiciliare della glicemia (p. es., 1 e 2 h dopo i pasti e ogni volta che si presentano i sintomi). Il test di tolleranza al carico orale di glucoso (OGTT) non ha validità per la diagnosi di ipoglicemia alimentare.

L’ingestione orale di glucoso o saccaroso è solitamente sufficiente ad attenuare la sintomatologia adrenergica acuta e i sintomi precoci a carico del SNC. Ai pazienti trattati con insulina o sulfaniluree si consiglia di bere un bicchiere di succo di frutta o di acqua con 3 cucchiai di zucchero e di insegnare ai familiari a somministrare loro tale trattamento qualora mostrassero improvvisamente uno stato confusionale o un comportamento insolito. Anche un bicchiere di latte ottiene bene lo stesso scopo. Ai pazienti trattati con insulina si consiglia di portare sempre con sé zollette di zucchero, caramelle o compresse di glucoso. Nei pazienti trattati con una solfanilurea, particolarmente se a lunga durata d’azione come la clorpropamide, l’ipoglicemia può recidivare periodicamente per molte ore o anche giorni, nel caso in cui l’ingestione di carboidrati sia inadeguata. Quando il glucoso per via orale non è disponibile o non è sufficiente, si possono utilizzare il glucoso o il glucagone EV.

L’iniezione EV di 50 o 100 ml di soluzione glucosata al 50% seguita dall’infusione continua di soluzione glucosata al 10% (è possibile dover usare glucosata al 20% o al 30%) può rendersi necessaria in presenza di sintomi gravi o qualora il paziente non possa assumere glucoso per via orale. I livelli ematici di glucoso vengono controllati entro alcuni minuti dall’inizio dell’infusione di soluzione glucosata al 10% e in seguito con una certa frequenza con un glucometer e la velocità di infusione viene di volta in volta regolata in modo da mantenere una glicemia normale. Nei bambini con manifestazioni a carico del SNC, il trattamento viene iniziato infondendo soluzione glucosata al 10% a una velocità di 3-5 mg/kg/min, velocità che viene regolata in modo da ripristinare rapidamente e mantenere un normale livello plasmatico di glucoso. In linea generale, i pediatri non raccomandano l’uso di un bolo EV di soluzione glucosata al 50% o l’impiego di liquidi EV contenenti > 10% di glucoso nella prima e nella seconda infanzia, perché essi possono avere notevoli effetti osmotici e, in alcuni pazienti, possono indurre marcata iperglicemia e spiccata stimolazione della secrezione insulinica.

Un tumore mesenchimale non insulino-secernente spesso risponde all’escissione chirurgica. Comunque, il paziente può evitare gli episodi di ipoglicemia sintomatica per periodi di tempo relativamente lunghi (talvolta per anni) con l’ingestione frequente di carboidrati al momento di coricarsi e durante la notte. Qualora l’asportazione chirurgica della maggior parte del tumore non sia possibile o qualora il tumore recidivi fino a dimensioni cospicue facendo ricomparire il quadro di ipoglicemia a digiuno, può essere necessario ricorrere alla gastrostomia per la somministrazione continua delle grandi quantità di carboidrati necessarie durante il giorno e la notte.

Il glucagone viene utilizzato per trattare le reazioni ipoglicemiche gravi quando la somministrazione orale di glucoso è insufficiente e il glucoso EV non è disponibile. Esso è utile principalmente nelle situazioni di emergenza che si verificano quando non è facilmente raggiungibile una struttura di assistenza sanitaria. Il glucagone viene fornito in una confezione contenente il farmaco in polvere che deve essere ricostituito con un diluente. La dose abituale di glucagone negli adulti va da 0,5 a 1 U somministrata per via sottocutanea, intramuscolare o EV; nei bambini, essa varia fra 0,025 e 0,1 mg/kg (dose massima, 1 mg). Quando il glucagone è efficace, le manifestazioni dell’ipoglicemia regrediscono di solito nel volgere di 10-25 min. Se il paziente non risponde a 1 U di glucagone entro 25 min, è improbabile che ulteriori somministrazioni siano efficaci, quindi esse non sono raccomandate. Gli effetti collaterali principali sono la nausea e il vomito. L’efficacia del glucagone dipende in maniera critica dall’entità delle riserve di glicogeno epatico; il glucagone ha scarso effetto sulla glicemia nei pazienti che siano stati a digiuno o in stato ipoglicemico per un lungo periodo di tempo.

Un tumore insulino-secernente delle cellule insulari richiede il trattamento chirurgico. Più frequentemente si tratta di un insulinoma singolo, la cui enucleazione risulta curativa, ma il tumore (o tutti i tumori nel 14% dei casi con insulinomi multipli) può non essere identificato, con il risultato di dover eseguire un nuovo intervento o una pancreasectomia parziale alla cieca. Prima dell’intervento, per inibire la secrezione di insulina si possono utilizzare il diazossido e l’octreotide (un analogo a lunga durata d’azione della somatostatina, costituito da otto aminoacidi). I pazienti con un carcinoma insulino-secernente delle cellule insulari hanno in genere una prognosi sfavorevole.

L’ipoglicemia provocata dall’ingestione di fruttoso, galattoso o leucina viene trattata evitando o limitando l’assunzione della sostanza scatenante. L’ipoglicemia alimentare, idiopatica o che insorge dopo un intervento chirurgico sul tratto GI, viene trattata con un’alimentazione costituita da piccoli pasti frequenti ad alto contenuto proteico e basso contenuto glucidico.

Fonte: National Health Human Service