Andare avanti è il fardello delle nostre gioie e dei nostri dolori. Si va avanti per chi ci ama e per chi amiamo. Per noi stessi. Durante il nostro viaggio incontreremo gente che ci farà del male e gente a cui non piaceremo, incontreremo malattie, ostacoli e sofferenze e anche tanta gioia, persone che ci stimeranno e ci ameranno. È grazie a loro che troviamo ogni giorno il coraggio e la forza di alzarci e proseguire, a testa alta, con il cuore e l’anima feriti. La vita è un libro in cui ci sono delle pagine bianche che dovremo scrivere noi, quelle pagine sono per gioie, dolori, perdite, sofferenze e ingiustizie e per tutto ciò che la vita ci riserva. Dobbiamo andare avanti perché la vita è un dono che non viene dato due volte. Si deve andare avanti, altrimenti non si cresce, non si impara e quindi non si vive, ma forse si sopravvive. Noi invece vogliamo crescere, imparare e, sorridendo, vogliamo vivere. Ci sono momenti in cui non servono parole, ma solo cuori che scaldino il cammino faticoso.
Crescere con una malattia, portarsela appresso fin dai primi vagiti, giorni di vita sembra strano ricordarlo ad età matura, quando da bambino non pensavi ad essere come tutti gli altri: sapevi già che il destino ti aveva dato quella compagnia, ma speravi solo di viverla con meno sofferenza e dolore fisico, con più libertà.
C’è un percorso nella vita che tutti prima o poi devono percorrere. Non è un destino scritto, né tantomeno una previsione intravista nel fondo di una tazzina. Capita quasi a tutti che in qualche modo si sgretoli quell’impero erto di consapevolezze, si frantumi il pensiero fermo e costante che concepito da una vita, non trova più il riscontro e la capacità di poter continuare la strada percorsa da tempo. Inevitabilmente quel cielo stellato che costantemente ammiravi e lodavi di sera ti cada addosso, come un macigno pesante di tristezza. e anche se ti dimeni, ti agiti, non riesci a toglierlo dal tuo capo, dal tuo cuore, dal tuo corpo ormai quasi inerme e senza forze. Capita che la tristezza t’invada. Capita che nella nebbia della vita la tua visione sia diversa dalla realtà. Capita. È la classica esperienza di vita, che ti renderà più forte. Quindi non lasciarti sopraffare da ciò che non vedi, ma che prevedibilmente conosci già. Non lanciarti senza freni verso realtà conosciute da pochi, sii fermo e costante e non prendere direzioni che ti conducono dove non vorresti andare. La sofferenza è l’amaro che insegna, è quell’attimo prima di godersi non solo la superficie ma l’intera felicità. Non bisogna sconfortarsi anche se la sofferenza ci fa da padrone, sappiamo che se le redini rimarranno salde alle nostre scelte, la nostra forza, esperienza e speranza ci guiderà senza chieder consensi a nessuno. Ci porterà dove siamo stati in grado di cominciare e ricominciare a sorridere.
Vivere con il diabete non è il problema, fatta l’eccezione per le volte in cui ti sfugge di mano. Il problema sono le persone che, nel bene o nel male, te lo fanno pesare, ti mettono una gabbia o per opposto non ci sono quando ci dovrebbero essere. Ecco il vero punto di differenza per un diabetico nativo pellerossa tipo 1 lo fanno gli altri e a lui resta dover esser scultore della dura roccia per farsi breccia tra indifferenze e ottusità diversamente abili.