Quanti carboidrati ci sono nella calza della Befana? Abbiamo provato a chiedere consulto a diversi medici diabetologi, esperti della nutrizione, perfino all’Autorità Europea per l’Alimentazione ma rispetto al problema ancora non abbiamo avuto risposta. Conoscere gli alimenti, ciò che mangiamo è importante fin dall’alba dei tempi dell’uomo: ricordate la corte del Re o sovrano di turno di un tempo? Al suo interno c’era l’assaggiatore ufficiale il quale prima che il Sovrano mettesse in bocca il cibo lo sentiva affinché comprovasse non fosse il medesimo avvelenato o adulterato così da poterne provocare malore, morte.
Uno dei problemi del diabetico, specie del paziente diabete mellito tipo 1 e tipo due che fa insulina, è quello di calibrare l’alimentazione. Finché parliamo di dieta personalizzata ci siamo. Ma se passiamo al contenuto in carboidrati della dieta, potremo variare la scelta dei cibi ed adeguare ed somministrare con precisione la quantità di insulina necessaria a “metabolizzare’ i carboidrati presenti in un pasto, una bibita, uno spuntino?
La risposta che ci sentiremo fare è: la conta dei carboidrati, dell’indice glicemico, la combinazione di effetti con i lipidi e proteine, tenendo conto della nostra capacità di capire con quale rapidità questi elementi vengono più o meno assorbiti. Il consueto dilemma circa la metabolizzazione dei carboidrati in rapporto al dosaggio d’insulina. Una variabile molto difficile da intercettare: non basta sapere l’espressione della cosiddetta “resistenza insulinica periferica” e l’assorbimento più o meno rapidi dei glucidi, per potere azzeccare la quantità giusta d’insulina poiché sono tante le famose variabili: attività fisica, condizionamenti ambientali e sociali, emotivi.
La mia riflessione non ha alcunché di didattico o cattedratico, semplicemente prende spunto dalla vita di tutti i giorni riferita agli ultimi dieci anni, di cui sei passati con la multi iniettiva e quattro con il microinfusore. Per circa sette di questi anni ho pedissequamente applicato la conta dei carboidrati con tutti i codicilli alimentari appresi e definiti, rifiniti nell’ambito dei vari momenti di aggiornamento e formazione per noi pazienti diabetici.
Altre volte ho avuto modo di affrontare l’argomento: mentre nei primi sette anni affrontavo la conta dei carboidrati e lipidi, proteine con estrema puntigliosità; cercando di fare debito riferimento sulle dinamiche di entrata in azione dei singoli e assemblati alimenti in rapporto con il fabbisogno d’insulina, tenendo nota di ogni cosa mangiata computando i predetti valori. Man mano che il tempo passava riscontravo una divergenza tra il conteggio degli elementi nutrizionali e la glicemia effettivamente riscontrata, in negativo.
La cosa accadeva proprio con il passaggio al microinfusore, laddove finivano per cadere i punti di riferimento della conta dei carboidrati e gli indici di sensibilità glicemica e insulinica. Il fatto da tenere sempre presente naturalmente e relativo alla caratterizzazione individuale dei fenomeni. Ecco nella mia calza bucata ho trovato come la conta dei carboidrati oggi ha una ragion d’essere a colazione, dove a memoria mi esercito a fare calcoli, mentre per i restanti pasti non ne trovo più la necessità. Non solo ma un altro punto chiave da tenere presente riguarda la particolare focalizzazione sulle correzioni d’insulina per riportare a normalità una glicemia alta: anche in questo ultimo caso occorre prestare molta attenzione con le aggiunte “a piacere”; io oggi mi limito al massimo a una o due unità e comunque si deve sempre parlarne con il nostro medico diabetologo!