Domenica: secondo gli antichi testi era il settimo giorno della settimana e dopo avere creato il mondo, uomo compreso, Dio si riposò. Molti filosofi e teologi sostengono che si sta ancora riposando e per chi è credente, come me, tale ipotesi è assai fondata alla luce dell’evoluzione e delle cose. Ma al di là delle questioni religiose oggi non c’è più giorno di riposo fisso, tra aperture costanti nei festivi, turni a ciclo continuo negli impianti produttivi e uffici, magazzini nonché ogni dove.
La storia e fatta a cicli: si passa dal fase dei diritti a quella dei rovesci sociali, e nella prospettiva sembra di capire ci sarà un ritorno (anzi c’è già), non più mascherato, dello schiavismo e sfruttamento della manodopera da un lato e privilegi per pochi e dritti trasversali alle epoche.
Mentre filosofeggiamo sul futuro e gli sbarchi su Marte e Lampedusa, come di altre materie varie ed eventuali in questa domenica del villaggio mi armo di coraggio per affrontare un argomento scomodo poiché attirerà diverse antipatia. Si tratta dell’attività fisica, sport, agonismo e diabete di tipo 1.
Prima di entrare nel merito della questione faccio ancora una volta una doverosa premessa: per scelta e vocazione sono sempre stato una persona che ha camminato molto, tanto in tutta la mia vita e tutt’ora lo faccio seppure faticando per via dell’artrite reumatoide che piano piano mi sta corrodendo. Sono cresciuto da diabetico di tipo 1 con lo spauracchio dell’equazione: moto = ipoglicemia, messo in essere dai diabetologi e pediatri dell’epoca, ma anche oggi a tal proposito le scuole di pensiero in ambito medico non sono ancora unanimi sulla conversione totale al mezzofondismo di terra, cielo e mare. Il mio camminare in solitaria purtroppo a leso la possibilità di essere un beach boys, un trascinatore di folle, un bello e dannato da copertina e altre cose.
Oggi è in auge nel campo dei diabete giovanile alias tipo 1 la soluzione senza limiti, nulla è impossibile a livello fisico e motorio: ed è vero in linea di massima, sia sotto il profilo motivazionale che muscolare. Ma?
Occorre sempre valutare la condizione di ogni singolo diabetico e ciascuno dovrebbe fare una riflessione sul proprio ciclo glicemico, poiché ogni attività fisica va fatta con l’obiettivo dell’ottenimento del buon compenso della glicemia. E faccio un esempio pratico – personale: da quando indosso il sensore glicemico ho finalmente capito lo stato dell’arte del mio diabete. Anche se non faccio nulla, anzi no esercito la funzione di “bradipo” la glicemia si mantiene normale da un lato poi comunque scende in picchiata nel pomeriggio e replica la cosa a dodici ore di distanza. Quando mi muovo debbo assimilare dello zucchero per contrastare l’ipoglicemia sempre lungo le predette fasce orarie.
La personale conclusione da diabetico 1 è la seguente: muoversi fa bene, è necessario per il benessere d’insieme, perché è naturale, giusto, doveroso, ma non è sempre detto sia l’arma letale per portare a casa una Hba1C da primato, la soluzione per ottenere una glicemia compensata.