Fa caldo, un caldo insopportabile. Come sempre mi alzo di buonora per potermi godere un po’ di aria respirabile e approfittarne per fare la spesa. La solitudine mi pesa più degli acciacchi dell’età, ma esco ancora incontro al mondo. Davanti a me un’anziana signora passeggia accompagnata da una giovane donna che la sorregge e le parla con simpatia; si dirigono verso il cimitero ed io le seguo, incuriosito. Si fanno largo in mezzo a tante croci, tutte uguali, contraddistinte solo da un nome. La vecchia cerca dove riposa il suo compagno di vita e la giovane donna le asciuga le lacrime; dopo un po’ sono ancora in cammino, alla ricerca di un posto dove sedersi e scambiare quattro chiacchiere. Da come urla la ragazza si può capire che l’altra non ci sente bene e che ha bisogno di una voce forte: le parole giungono anche a me distintamente e mi arrecano un po’ di sollievo, mi fanno sentire meno solo. Sono discorsi un po’ banali, adatti al periodo estivo, che portano un frastuono di risate. Una motocicletta frena di colpo, proprio davanti a loro. Ne scendono due giovani, visibilmente provati dal caldo e dalla stanchezza; estraggono dallo zaino una bottiglia d’acqua e, dopo essersi dissetati, la offrono alle donne, felici di condividere quella frescura. Quello strano quadro mi emoziona al punto che non ricordo nemmeno più perché sono uscito; poi un improvviso crampo allo stomaco mi riporta alla realtà e mi dirigo verso la fermata del tram, accompagnato dal mio fedele bastone. All’arrivo del mezzo un uomo sulla trentina, che mi precedeva alla fermata, mi aiuta educatamente a salire e a cercare un posto a sedere. Scendo a due passi dal supermercato ed entro in cerca anche di un po’ di refrigerio: dopo aver frugato per gli scaffali mi dirigo alla cassa. Non c’è nessuno che sbuffa dietro di me ed ho quindi tutto il tempo necessario per travasare la merce dal carrello. Riempio due belle borse, così almeno per un giorno risparmio di uscire. Al rientro accendo la tv per sentire le notizie del giorno: le immagini che appaiono sullo schermo rievocano spiagge quasi deserte, dove la mano dell’uomo non ha ancora portato la civiltà. Il mare limpido e trasparente, con le onde che si increspano sulla sua superficie, mi infonde una strana sensazione di libertà e di pace. I cronisti, suggestionati da tanta bellezza, non parlano d’altro che di natura e raccontano storie di animali che adottano cuccioli di altre razze con cui instaurano una convivenza felice: ecco mamma gatta che, rimasta senza prole, si fa in quattro per allattare i piccoli di alano, orfani di madre, e che dire di quel topo che saltella sulla pancia di Fido? Oggi non c’è spazio per la cronaca nera e neppure per le notizie dal fronte. Posso finalmente pranzare in un’atmosfera serena, senza che la digestione mi si blocchi sul nascere. Vorrei fare due passi all’aperto finito di mangiare, ma l’afa mi attanaglia e mi toglie le forze; mi butto sul divano e aspetto che passi la canicola. Improvvisamente un dolore lancinante mi squarcia il petto: il mio urlo rompe il silenzio dello stabile ed un vicino accorre e mi presta i primi soccorsi. Poi mi accompagna all’ospedale ed aspetta paziente che il medico di turno mi visiti ed emetta la sua diagnosi. “Non è grave”, si sente dire, “ma sarebbe opportuno che non rimanesse solo, data l’età”. Ha il suo bel sentenziare, lui! Ma chi trovo che mi faccia compagnia, in questa torrida estate? Mi accingo a rientrare a casa; l’anima gentile che mi ha portato al pronto soccorso mi offre un passaggio, ma io preferisco fare due passi a piedi e ne approfitto per attraversare quelle zone della città che conosco ancora troppo poco. Passo davanti alla Chiesa di San Donato e mi accorgo che, accanto ad essa, è sorto un altro tempio, dalla forma squadrata. Al suo esterno un gruppo di fedeli è intento a parlare del più e del meno, quando sopraggiungono altri credenti e si uniscono a loro. Da come sono vestiti si intuisce che non sono occidentali, chissà da dove provengono, fatto sta che paiono intenzionati a superare ogni barriera, armati dalla forza della fede. Rimangono per un po’ a far capannello, poi si salutano amichevolmente ed entrano nelle rispettive chiese, a pregare un unico Dio. Sarei tentato di seguirli, ma poi guardo l’orologio e mi rendo conto che la strada da percorrere è ancora lunga ed il tempo che mi rimane, come sempre, è troppo poco. Attraverso il parco, dove finalmente trovo un po’ di sollievo alla calura; passeggio tra i tigli senza imbattermi nei soliti barboni che frequentano le panchine e che elemosinano qualcosa da mangiare. A terra non ci sono né siringhe né carte di giornale. Posso godermi tranquillamente il verde senza paura di venir travolto da qualche ciclista senza scrupoli che invade le aree destinate ai pedoni. C’è tutt’intorno una strana sensazione di pace che mi sembra di vivere in un’altra dimensione. D’un tratto uno squillo, poi un altro ancora, mi riportano alla realtà e mi ritrovo a rigirarmi nel letto, sudato fradicio. Sul comodino la sveglia segna le otto e chi ha suonato è sicuramente il postino. Sono ancora frastornato dal sogno che ho fatto e che mi ha portato in un mondo irreale. Mi vesto di fretta e vado a controllare la cassetta delle lettere. La apro e vedo una bella cartolina illustrata, con un bel ciao da figli e nipoti che si stanno godendo il fresco della montagna. Mi assale un nodo alla gola: per un attimo avevo sperato in un invito e invece, solo un saluto! Pazienza, vuol dire che mi rassegnerò a stare in città, guardando il cielo nella speranza di scorgervi prima o poi quelle tanto agognate nubi temporalesche, apportatrici di fresco. Stamattina però voglio uscire a fare colazione, come oramai non mi succede da tempo. Sotto casa c’è un piccolo bar, che a quest’ora, in pieno ferragosto, sarà sicuramente deserto. A passo lento scendo le due rampe di scale e mi trovo in strada. L’attraverso senza guardarmi troppo intorno, considerato che il traffico è scarso, ed entro nel locale da cui proviene una vecchia melodia, una canzone fuori moda che parla di pace e di fratellanza fra i popoli. Seguo quella musica che mi riporta indietro di anni e mi avvicino al tavolo da cui proviene: noto tre ragazzi assorti ad ascoltarla, poi li sento discutere di tutto quello che non va e capisco che hanno una voglia matta di cambiare il mondo. Sento che devo unirmi a questi giovani ed aggrapparmi al loro coraggio per continuare a vivere e chissà, forse anche a realizzare quello che ho sognato: sono certo che insieme faremo grandi cose.