Lascio da parte bricco e alambicchi, pipette e provette quindi preso tra pentole e salviette provo a ripartire dal vagito di una domenica appena accennata e cominciata tra una corsa nei campi e un fosso da saltare, quindi cosa ho oggi da parlare e riportare con il post in questione?
Di movimento sempre con discernimento e nella specie di qualcosa che non si fa più, o quasi: La corsa campestre una specialità podistica, sia maschile che femminile, dell’atletica leggera in cui si corrono distanze intorno ai 10 km, su fondo sterrato o erboso e su percorsi che variano da uno a più giri, in base a determinati canoni quali l’età e il sesso. È una specialità molto impegnativa dal punto di vista fisico e psicologico, che prevede gare individuali e a squadre. Nella mia giovinezza la praticavo assieme alla marcia, ma con distanze ridotte al massimo a tre chilometri perché appunto molto provante per il fisico. Beh sarei francamente per riesumarla questa disciplina, la mia esperienza da diabetico d’altri tempi terapeutici è stata senz’altro positiva sennò non starei qui a parlarne nel post. Se preparata con tutti i crismi della sicurezza del percorso è oltretutto più soddisfacente della più usata corsa su strada, senza rischi di venire investiti da auto e mezzi motorizzati. Tale considerazione la integro con quanto scritto recentemente da Peter sulla preparazione alla corsa per un diabetico.
Perché ogni giorno è un giorno nuovo che punta sempre a mirare a guardare avanti. Noi diabetici corriamo con il corpo e la mente verso e nel futuro con l’anelito di , un dì, sfuggir da aghi e aghetti e poter viver non più come fachiri ma spiriti liberi di non essere toccati penetrati da oggetti appuntiti. Allora la speranza si chiama futuro: nella ricerca e ritrovamento di metodiche e terapie, cure non invasive.
In un mondo che procede velocemente verso orizzonti sempre più informatizzati e ciò che ci si chiede è quale funzione possa assumere una cura più umanistica in questo futuro? Mentre siamo in attesa minuti e ore per una visita dal dottore, noi plebei diabetici scioriniamo storie, aneddoti, viaggi delle fantasie e saltelli di palla in frasca su argomenti di varia umanità.
Ma al di là del tradizionale e specifico momento dell’accertamento medico di 15 o meno minuti cosa resta a colmare la secchezza dell’attimo cogente quando poi gli altri istanti tra il di dietro e il d’avanti restano nebulosi e inesplorati?
Ecco l’umanizzazione, una medicina umanistica sono in concreto questo: più momenti di confronto non dualistico, di coppia: medico e paziente, ma bensì situazione di incontro e studio della condizione contestuale per poter trovare, con la rispettiva collaborazione, una percorso partecipato di stabilizzazione del diabete.
Non penso sarà la telemedicina nel diabete la soluzione per una terapia e l’ottenimento del buon compenso glicemico senza una confronto dal vivo tra soggetti. E lo studio riportato in questo blog delle visite di gruppo rappresenta una prospettiva interessante, importante per trovare una via migliore di vita con il diabete.
Buona domenica!
P.S.: La settimana scorsa ho chiuso il gruppo su Facebook “Giovani Diabetici all’Isola Felice dei Dolcissimi” tale decisione è maturata dal semplice fatto che tale entità si era trasformata in bacheca di link e non vi era partecipazione, reazione ai temi proposti. Prendo spunto da questi elementi per ricordare che tra due anni, il 3 novembre 2017, anche il blog chiuderà senza se e ma. Per chi vuol sapere il perché la spiegazione è presto detta. Nel virtuale e nella vita reale del diabete non frega niente a nessuno, e anche quando si è tentato di fare qualcosa di nuovo e diverso (parlo della mio territorio – Bologna) in sintesi nulla si è concluso e fatto, nonostante gli sforzi e impegno messi in campo. Ho capito che, oltre alle rendite di posizione, prevalgono interessi di piccolo cabotaggio. Rispetto le scelte, presenze e assenze di ognuno, per quanto mi riguarda fatti compiere i dieci anni al blog e dopo averlo chiuso nella data predetta mi dedicherò all’attività artistica la quale aiuta a rendere vivo lo spirito senza creare bruciori di stomaco.
Alcune iniziative messe in campo da questo blog hanno visto la risposta dei diabetici praticamente uguale al nulla di fatto, e parlo di quelli tipo 1 che, in teoria dovrebbero essere i più motivati e in Italia sulla carta sono circa 300.000. La petizione dei microinfusori ebbe una risposta ridicola in termini di adesioni (1.500), quella sui diritti base nel lavoro è fallita (60 adesioni) per fare solo due esempi. L’inconsistenza e gelatinosità di noi diabetici è evidente su temi che toccano e invece manco sfiorano. Purtroppo la verità oggi come ieri è che il diabetico ha un rapporto clientelare con la malattia e non aggregato. E per me, formato sulla cultura dei diritti in senso giuridico e sociale, è molto duro dover constatare come in realtà si faccia il doppio gioco su questo tema: ognuno pensa ai fatti suoi evocando diritti ma poi punta ai privilegi. Insomma in ogni ambito prevale la mentalità da cortigiano anziché cittadino. Saperlo esserne consapevoli è importante se si vuole cambiare modalità e direzione.
Si è tenuta oggi l’assemblea dei soci della sezione italiana dell’Unione Internazionale Blogger Diabetici nel corso della quale si è deliberato di sciogliere la medesima per farla confluire nella corrispettiva del Regno Unito.