Uguali e diversi, coscienti e incoscienti, quanti siamo e restiamo nelle molteplici condizioni espresse e vissute a non pensare, sbattersene, oppure al contrario mettersene troppo, esagerare nel trivellare da punto a punto la terra per ricominciare da capo. Un punto concreto che tocca e sappiamo esistere da mo’ riguarda noi diabetici e la terapia insulinica: tasto caldo, rovente e dolente da cui dipende la nostra vita ma, se gestito male, può anche dare la morte.
Dunque un caso recente di cronaca porta agli altari dell’attenzione pubblica (forse): dopo il precedente dell’adolescente morta sette anni fa perché rifiutava la malattia e il farsi l’insulina, “Errore nel dosaggio dell’insulina, 85enne rischia la vita. È accaduto nel tardo pomeriggio di ieri (5/5/2015) in località San Pietro di Castellabate. L’anziana, che vive sola e si era somministrata per errore una doppia dose di insulina essendo diabetica, era in uno stato precomatoso. Solo l’intervento tempestivo dei sanitari del Saut di Castellabate ha evitato il peggio. Non è stato necessario il ricovero in ospedale.” Un finale drammatico e un positivo, ma resta un questione di fondo.
Come affrontare le diversità e molteplicità?
Tradotto in parole povere: il tag, etichetta, marcatore diabete 1 2 o altro che sia non basta a indicare una stato patologico, la reazione, storia e condizione espressa dalla malattia sull’organismo e la personalità del diabetico. Da tempo ho preso coscienza di tale soggettività e contesto di collocazione. E per dirla con uno slogan pubblicitario: una malattia fatta di tre milioni di malattie, ciascuna diversa e rispondente a esigenze proprie.
Quindi a uno come me nato “sfigato” ha per contrappeso un altro “super”, un poco per usare la base narrativa in diabetologia del cartone animato di Bruno Bozzetto: Vip – Mio fratello superuomo è un film di animazione prodotto e diretto nel 1968 da Bruno Bozzetto e coprodotto da case statunitensi. Parodiando il mondo dei supereroi, questa pellicola mette in risalto i rischi per la popolazione che rincorre stili di vita basati sul consumismo e stili di vita che appiattiscono il raziocinio dell’essere umano.
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La desiderata, richiamata, ricercata è, sembra, assicurata longevità anche per noi diabetici tipo 1 pone una serie di attenzioni che, nella società degli estremi, vanno viste con necessario disincanto: come fare a dare sicurezza terapeutica e continuità assistenziale nella prospettiva prossima ventura di una società fatta di gente vecchia e sola?
Senza andare avanti nel tempo già oggi vediamo gli effetti, tra noi poiché longevità e invecchiamento sono qui diffusi e l’Italia detiene un primato mondiale in tale campo.
Il caso dell’anziana sopra riportato ha avuto un lieto fine ma altri no e tirando le somme restano solo i numeri a fare la statistica. Soluzione pratiche non ci sono, si tratta di riflettere, ragionare per trovare, dalle città alle campagne, attenzione, inclusione nella continuità assistenziale e terapeutica che non sia reclusione.