La frutta ci fa bene i frutti di mare no? Vediamo di capire meglio.
Con il termine frutti di mare si intende un gruppo di alimenti di origine animale, soventemente di acqua salata (ma non solo vedi lumache), che raggruppa gli organismi appartenenti al filone dei molluschi e a quello dei crostacei.
Frutti di mare – molluschi: cefalopodi (provvisti di conchiglia interna o sprovvisti di conchiglia, ad esempio polpo, seppia, calamaro, moscardino, totano, piovra ecc.); gasteropodi (univalvi ovvero con conchiglia esterna, ad esempio le chiocciole, le lumache, le patelle, le orecchie di mare ecc.); lamellibranchi (bivalvi pertanto con conchiglia esterna, ad esempio i mitili (cozze), le vongole, i fasolari, le telline, i canolicchi, le capesante, i canestrelli, i tartufi di mare, i datteri di mare, le ostriche, la pinna nobilis, ecc).
Frutti di mare – crostacei: macruri (addome lungo, disteso con pinna codale a forma di ventaglio, ad esempio l’aragosta, l’astice, il gambero, lo scampo ecc.); brachiuri (addome breve senza ventaglio, ripiegato sotto il capotorace, ad esempio il granchio o la granceola); stomatopodi (provvisti di due appendici boccali con chele “rapitrici” annesse formate da un articolo mobile dentato che si ripiega sul segmento stesso (es. canocchia, corbola ecc.).
Per descrivere le proprietà nutrizionali dei frutti di mare sarebbe opportuno trattare singolarmente le varie specie animali o, al limite, i vari gruppi di classificazione; tuttavia, in virtù dell’eterogeneità tipica delle preparazioni a base di frutti di mare, il lettore trarrà un maggior vantaggio da una descrizione generale e meno approfondita dell’argomento. Di seguito verranno analizzati separatamente solo i due filoni, ovvero i molluschi ed i crostacei.
Il contenuto calorico dei molluschi è generalmente basso o moderato; tra cefalopodi, gasteropodi e lamellibranchi, quelli nutrizionalmente più ricchi sono di certo i gasteropodi (lumache, patelle, orecchie di mare, chiocciole ecc), seppur meno consumati e generalmente considerati alimenti “obsoleti”. Essi vantano un apporto energetico e proteico superiori agli altri due (circa 100kcal per 100g ed oltre 17g di proteine, contro le 60-75 kcal ed i 10-14g di proteine), che trovano largo impiego nelle diete ipocaloriche. Ricordiamo anche che tutti i molluschi (e soprattutto i cefalopodi) contengono una porzione lipidica estremamente ridotta e costituita prevalentemente da acidi grassi polinsaturi; d’altro canto, i bivalvi (soprattutto cozze e ostriche) si distinguono per un notevole apporto di colesterolo, una peculiarità estremamente limitante se correlata alle diete ipocolesterolemizzanti.
I molluschi apportano anche buone quantità vitaminiche di cobalamina (vitamina B12) e, in maniera variabile, delle altre vitamine del complesso B. Si distinguono anche per un apporto significativo di ferro (Fe) emico, di iodio (I), zinco (Zn) e selenio (Se). E’ comunque opportuno fare attenzione all’apporto di sodio (Na), in quanto sia i molluschi bivalvi che i gasteropodi ne apportano quantità sufficienti a renderli inadatti al trattamento dietetico dell’ipertensione arteriosa.
Non è possibile descrivere univocamente la digeribilità dei molluschi, in quanto varia significativamente da un gruppo all’altro, da una specie all’altra e, soprattutto, da una preparazione culinaria all’altra; la conservabilità è estremamente limitata, soprattutto per quanto concerne i bivalvi.
Analizzando il contenuto nutrizionale dei crostacei nei frutti di mare, in primo luogo è opportuno specificare che si tratta sempre di alimenti ad elevato apporto di colesterolo, pertanto, come per alcuni molluschi, il loro impiego non trova applicazione frequente nelle diete mirate al controllo dell’ipercolesterolemia. Per contro, i crostacei vantano un contenuto lipidico moderato e caratterizzato dalla prevalenza di acidi grassi essenziali omega3 rispetto agli omega6, una caratteristica senza dubbio apprezzabile. Dal punto di vista energetico, raramente superano le 70-80 kcal per 100g di parte edibile, mentre l’apporto proteico è buono e si aggira tra i 13 ed i 18g (il contenuto glucidico è trascurabile).
Anche i crostacei nella preparazione dei frutti di mare, come alcuni molluschi (vedi sopra), contengono una notevole quantità di sodio alimentare ed in maniera analoga non sono indicati nelle diete ipotensive. Essi apportano comunque ottime quantità di ferro emico e di calcio (Ca), ma con un ridotto contenuto di fosforo (P), un minerale che ad alte dosi diviene responsabile della compromissione dell’assorbimento intestinale del calcio. Il contenuto in vitamine del gruppo B è sovrapponibile a quello della carne e del pesce.
Da quanto è emerso nei paragrafi precedenti, l’idoneità al consumo dei frutti di mare dipende esclusivamente dalla presenza di un quadro clinico adeguato. Ipertensione ed ipercolesterolemia sono patologie che rendono difficile l’inserimento dei frutti di mare nella dieta, eccezion fatta per alcuni di essi (molluschi cefalopodi); pertanto, in questi casi generalmente se ne sconsiglia l’utilizzo (da alcuni ammesso saltuariamente e in quantità limitate). Al tempo stesso, in assenza di alterazioni metaboliche, il consumo di frutti di mare potrebbe risultare utile nella riduzione del consumo di carne, uova e formaggi, ma non deve sostituire in alcun modo il consumo del pesce propriamente detto.
In una dieta equilibrata, il consumo dei frutti di mare rientra difficilmente nel menu settimanale ed a parer mio potrebbero essere utilizzati correttamente una tantum (1:10 o 1:15 giorni). Nel caso in cui facessero parte delle abitudini alimentari del soggetto, sarebbe auspicabile prediligere le varietà a minor contenuto di colesterolo ed a minor contenuto di sodio, oltre che, se necessario, eliminarne l’acqua di cottura degli alimenti con l’obbiettivo di ridurre drasticamente l’apporto di sodio residuo tipico delle preparazioni a base di frutti di mare.
Infine per quanto riguarda noi diabetici unitamente intesi, tipo 1 e 2, una particolare attenzione verso questa specie di alimento va presa per due altri e importanti motivi: i crostacei, gamberi e gamberetti in particolare, annoverano tra i nutrienti una percentuale di carboidrati (10%) che assommata a lipidi e proteine ha l’effetto di alterare e alzare la glicemia, così come la frittura del pesce in generale, infine occorre tenere presente un altro aspetto importante che ci fa decidere di utilizzare sporadicamente un menù con frutti di mare. Tale specie di alimenti porta a influire negativamente sulla flora e popolazione batterica del nostro intestino, portandola anche a subire infezioni temporanee o permanenti con effetti anche pesanti sulla peristalsi fino a mutazioni del microbioma intestinale. Occhio!