Essere malato è una noia oltreché una sofferenza: il processo di terapie, esami, precauzioni e altri accorgimenti richiesti rende la faccenda più o meno complicata e da qui si evince il perché del termine “paziente” da parte degli operatori sanitari nei riguardi del malato. Oggi la burocrazia lo ha sostituito ipocritamente con la parola “assistito”. Sostanzialmente le malattie si definiscono in quattro grandi categorie: infettive, transitorie e guaribili, croniche e inguaribili, terminali e mortali.
il diabete come la buona parte di noi sa bene appartiene alla categorie delle croniche, ma ha una peculiarità rispetto ad altre: la compartecipazione per massima parte della vita con la patologia del diabetico stesso in ogni episodio, insomma siamo noi a prendere le redini della malattia in massima parte. Bene resta però un fatto che colpisce una parte non certamente marginale della popolazione diabetica. La parte dotta e scientifica della comunità zuccherina la chiama “compliance” tradotto: accettazione, sopportazione delle regole e consuetudini a capo di questa realtà.
Adesso a proposito di accettazione e simili non mi addentro: già fatto altre volte. Qui invece desidero mettere in chiaro una faccenda semplice e diretta del diabete: la noia.
Cronico è equivalente di abitudinario, perché la nostra malattia per forza di cosa comporta abitudine in tutto il suo insieme di faccende in cui siamo affaccendati. E’ una sorta di liturgia sincretica che si ripete senza tempo a prescindere dalla bontà dei risultati e dell’accavallarsi di valori positivi e negativi. E’ una noia logorante nel fisico, nei nervi: per fortuna non per tutti. La maggior parte riesce a campare senza storture e sfighe varie e variegate. Ma se capita di appartenere a quella quota di diabetici tipo 1 che hanno avuto la malaugurata sorte di aver incontrato una partenza sbagliata e si ritrovano col passare degli anni a fare dei giri elicoidali attorno a se stessi, beh in tale stato la noia diventa la droga degli straccioni e io, noi siamo una sorta di iettatori anche per i medici che, quando ci vedono, improvvisamente cambiano percorso.
D’altronde la noia prende tutti: paziente e medico, destreggiarsi tra una unità in più o in meno, variazioni e aggiunte di premiscelate alla basale, qualche compressa di metformina, una goccia di provelolo e poi si ripete il gioco dell’oca. Dunque nella noia il classico gioco dell’oca potrebbe ben rappresentare la nostra categoria oltreché allietarci nell’attesa di un controllo qualsiasi.
Ecco la ragione per cui abbiamo due obiettivi da prendere di mira con la nostra carabina: diabete e noia, soprattutto quest’ultima la quale alla fine dei conti può avere un peso significativo nei nostri giorni e vite.