All’inizio degli anni Novanta si è scoperto che nel nostro intestino c’è una sorta di “secondo cervello” che funziona quasi esattamente come il nostro primo cervello. Quali sono i rapporti fra il cervello e il nostro intestino? Quando si introduce del cibo iniziano i meccanismi della digestione che abbiamo scoperto non vengono gestiti ormai solamente dal cervello posto nel nostro cranio ma anche dal sistema nervoso autonomo, detto anche secondo cervello. Due secoli fa furono due grandi scienziati neurofisiologi, Auerbach e Meissner, che, uno dopo l’altro, scoprirono questa rete nervosa tesa fra cervello e intestino. A questi primi due seguì un altro scienziato, U. Trendelenburg, che dimostrò questa autonomia funzionale dell’intestino nei movimenti peristaltici, che fanno procedere il cibo dall’esofago fino al retto. I due cervelli si collegano grazie a due strutture: il midollo spinale e il nervo vago; proprio in quest’ultimo sono stati trovati molti neuroni cerebrali che invece di essere nell’encefalo si trovano nell’apparato digerente e ciò ha consentito di scoprire che, per esempio, la serotonina, cioè l’ormone del buonumore, viene prodotta più nell’intestino che nell’encefalo. In questo modo, i neuroni dei due cervelli, per comunicare, usano gli stessi neuropeptidi, come acetilcolina, dopamina, adrenalina, norepinefrina eccetera. Si tratta di “sostanze che informano”, cioè di messaggeri nervosi che provocano le nostre reazioni istintive.
Il sistema nervoso enterico, o secondo cervello, è costituito da guaine di neuroni incorporati nelle pareti del tubo digerente, che misura circa 9 metri da un capo all’altro fra l’esofago e l’ano e contiene circa 100 milioni di neuroni, un numero tanto elevato da superare quelli contenuti nel midollo spinale e nel sistema nervoso periferico messi insieme. Il cervello enterico, detto addominale o viscerale, nella sua evoluzione soprassiede a diverse funzioni vitali come: • la ricerca del cibo • l’elaborazione di sostanze indispensabili al buon funzionamento di tutte le cellule. Il secondo cervello, quello enterico, determina un collegamento con la naturale emotività di ogni persona e amplifica e sottolinea l’inconscio della persona. Le sue cellule producono abbondantemente dei neurotrasmettitori, tanto che addirittura il 95% della serotonina viene prodotta in quella sede, e producono anche le proteine che contribuiscono al buon funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC) e del corpo intero. Alcune sostanze che il secondo cervello enterico produce sono attive sul cervello, come gli oppiacei o gli antidolorifici e i calmanti, che a loro volta influenzano gli stati d’animo, mentre l’ormone serotonina risente dei movimenti peristaltici del tubo digerente.
Quando il cibo, ormai divenuto bolo intestinale, passa nel tubo digerente a contatto con la mucosa intestinale, i neuroni situati nella sede interessata al passaggio del bolo si stirano e stimolano di conseguenza alcune cellule (enterocromaffini) a liberare la serotonina che, a sua volta, agisce su altri neuroni, situati sotto la mucosa stessa, i quali comandano a loro volta le cellule muscolari, all’interno dell’epitelio della mucosa del tubo digerente, di dilatarsi e di contrarsi creando un flusso di “contrazione” a monte e di “dilatazione” a valle per far avanzare in un’unica direzione, verso l’uscita, il chimo, cioè il cibo ingerito dalla bocca e predigerito dallo stomaco, quando transita nella parte all’uscita dello stomaco verso e nel duodeno. Lo stesso cibo predigerito, procedendo verso l’intestino, viene chiamato chilo e convive con la flora batterica che lo riduce in nutrienti che, una volta assorbiti dalla mucosa intestinale tramite i villi, vengono trasportati dal sangue dentro le cellule perché si possano nutrire. Quindi, il cibo che transita nel tubo digerente può produrre effetti sia benefici che dannosi e la stessa cosa avviene se si usano dei farmaci per l’intestino, come quelli gastroenterici, o per l’umore, come gli psicofarmaci. Entrambi possono causare effetti indesiderati ai due cervelli, cioè quello dell’intestino e quello centrale. Con ogni probabilità è proprio questa la spiegazione della sindrome del colon irritabile, dovuta a una irregolare comunicazione fra il cervello di sotto e quello di sopra, ma con la quantità di impulsi nervosi a favore del secondo cervello, quello enterico. Le emozioni scaturenti dal carattere personale sono uniche in quantità e qualità e variano da soggetto a soggetto, generando segnali biochimici che dopo essere stati decodificati producono effetti positivi o negativi nelle funzioni governate dai due cervelli.
Non è un caso che il cervello enterico sia in grado di memorizzare le ansie, le emozioni e di elaborarle con quelle già memorizzate nell’inconscio in precedenza fornendo poi le variazioni di livello delle funzioni adatte dell’apparato intestinale e quindi dell’intero sistema bio cibernetico. Questo spiega come mai, quando un cibo ci ha fatto stare male, già alla sola vista o non appena ne sentiamo l’odore ci viene la nausea. Il cervello, infatti, memorizza il malessere e produce input chimici e psichici capaci di impedircene il consumo. Vale anche nel caso opposto, cioè che alla vista di un cibo particolarmente gradito, cominciamo a secernere acquolina pregustandolo già. Di sicuro è il cervello superiore quello preposto a raccogliere i dati, cioè a elaborarli suscitando le emozioni, ma è il cervello enterico che riferendo la sua “versione” prepara un profilo emotivo sul quale vanno a impiantarsi le attività del cervello superiore. Il cervello enterico non va quindi sottovalutato perché è in grado di recepire e riconoscere non soltanto i vari cibi adatti a essere ingeriti ma anche quelli da non ingerire. Quindi è chiaro che ogni situazione emotiva e/o di cibo, così come l’introduzione di farmaci e vaccini non adatti, generano nel cervello intestinale delle piccole, medie, grandi reazioni, utili a ogni situazione (conscia e/o inconscia gestita dai due cervelli) vissuta nella quotidianità.
Estensivamente potremmo dire che il cervello enterico non reagisce solo al cibo ingerito ma può prendere decisioni, provare sensazioni autonomamente da quello superiore, comunicandogliele. Proprio la sofferenza di questo complesso meccanismo genera patologie difficilmente districabili tra l’aspetto emotivo e l’aspetto meccanico come le malattie da stress tipo colite, ulcera, bruciori di stomaco eccetera.