Conosci l’aiuto obblinegato? È una nuova parola che secondo me ha tutte le caratteristiche per poter essere aggiunta al dizionario italiano.
Aiuto obblinegato: prima di reputare o criticare, è necessario ardire almeno a capire, flettendo a quello che si può avvertire quando si è nelle scarpe scomode dell’annesso, auspicando in ogni tempo che tutto questo, prima mai scritto, sarebbe forse in grado di agire come calzante.
In questa non gradita combinazione di episodi, quando i disegni dei diletti di solito si ripetono euforicamente nell’ottimismo, i suoceri o chi altri, esigono in modo indifferente e prepotente, incitando tipica attenzione verso la loro cara figliola aspra e indispettita.
Scoraggiando l’animo all’avvilimento dello smacco, ingoiando i toni con mente cresciuta, intanto che abbassi e getti nuovamente gli attrezzi adoperati per spegnere le furie, comprendi la situazione e la difficoltà che comporta il tanto temuto cambio di città ed essendo indebolito dal perpetuo affanno, in carenza di respiro strappato da fardelli di non poco stipati, indirizzando interesse, azzardi ad afferrare e sorreggere l’avversa rovente figura che pure di spregio ripudia assiduamente il peculiare sussidio con assurdi capricci, quasi per poco prestabiliti dalla smorfia che ti volge.
Ma sebbene ciò, rende la leggerezza pesante agli occhi dei distinti sostenitori, osando di piombare, miri qualsivoglia a eludere l’idea di pretendere ausilio dalla stessa, brami comunque con tutte le forze che hai lasciato intatte in quel tempo, di fare l’inadempibile per ammassare gli ultimi impeti fermati, rendendoti, però, presto conto che il più probabile sentore, sussiste nel fraintendere alcuna elargita facoltà. ebbene, biasimato, l’aiuto non basta, ripari nell’ostacolo diventando così una finta arma, alterando la protezione in minaccia e l’essere chiaro in scuro.
In tale indotta contingenza macchiata, non appaiono purtroppo consistenti giunzioni o viali d’uscita, ma più facilmente agendo da vile anziché vigile, guardando il paesaggio, tinto di inevitabile plumbeo, non spetta che colmare il vuoto concepito da insoliti e diffidenti pregiudizi, seguitando ad ingerire maniglie rimaste in palmo da apparenti soglie schiuse.
L’intero si comprime insofferente, oltre poi, sembra concentrarsi diretto contro l’alveo, nel ragguaglio incappa ma trova l’appoggio in una dolce e malata follia, ritrovandosi, senza crederci, ad un tratto, solo, con ancora il sorriso mosso nel volto, vinto e rinchiuso in una stanza di sporco metallo rigido, costretto da una arcaica sedia elettrica inattiva da anni, fissi nel fronte un’ingente varco sigillato da una lastra di vetro antiproiettile spessa più di trenta centimetri, laddove oramai anche le sottili e pesanti parole urlate si frantumano in aria cadendo celermente al suolo, spoglie di alcun valido concetto, fin quando scorgi il ventre vendicarsi all’odore spesso chiuso di tea guasto. Indugi atterrito ad assistere tutto questo, che a malincuore persiste a colare incessantemente davanti agli occhi, assaporando un incontrollato senso di angoscia, scivoli sempre più in una acre e forte sensazione di impotenza e osservando oltre il varco di cristallo, proprio lì dinnanzi a te, la persona più cara, che con viva ruggine, adagio si spegne, nell’attimo, quasi per dispetto, mentre sudi, il sangue nelle tue vene è accompagnato da ghiaccio freddo, forse nell’inganno, questo simulato coito presagito da impostore, apparso improvvisamente, potrebbe significare che dimora già abbandonato a queste nostre inattese, estranee e difficili percezioni, finché anche il dubbio trovi il suo canto, rinunci così persino al dispiacere.
Stringendo alla fune, una ferma e fibrosa mancanza di controllo, che dapprima ti sostiene, confidandoti di essere equo, modera la tua luce interiore sempre più fioca, quando un lenzuolo che appare bianco di vellutata insicurezza, ti avvolge lentamente le braccia e il corpo nudo, allentandoti cautamente alla sua influente proprietà, assorbendo man mano i tuoi sentimenti, le tue passioni e i tuoi desideri, fino a soffocarti a tal punto da avvedersi esigere se degno è lasciare cadere queste vere gocce di vita che brillanti di riflesso guizzo, esumano all’intelletto, l’unico e carente desiderio, che tutto ciò avvenga solo nel giorno in cui ti renderanno gli estremi onori.