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Gli studi suggeriscono che la relazione tra benessere psicosociale e diabete di tipo 1(T1D) è bidirezionale, con T1D che generalmente ha un’influenza negativa sul funzionamento psicologico, che a sua volta influisce negativamente sul decorso di T1D. Qui, i ricercatori della Divisione di psicologia e scienze del linguaggio, University College London, Regno Unito, Facoltà di psicologia e scienze dell’educazione, Università di Lovanio, Belgio, Dipartimento di Psichiatria, Universidad de Buenos Aires, Argentina e Fundación Diabetes Juvenil de Chile, Santiago.indagano il ruolo potenziale della capacità di mentalizzazione, o funzionamento riflessivo, nei bambini e nelle loro madri nel controllo del diabete. Sono state testate le differenze nella mentalizzazione come valutato dalla Reflective Functioning Scale in due gruppi di diadi madre-figlio con controllo del diabete buono (GDC) contro scarso (PDC). Cinquantacinque ragazzi (8-12 anni) e le loro madri sono stati reclutati dalla Juvenile Diabetes Foundation di Santiago, in Cile. Le madri sono state intervistate con il Parental Development Interview e i bambini con il Child Attachment Interview ed entrambi sono stati valutati per il funzionamento riflessivo usando la Reflective Functioning Scale. Le madri e i bambini hanno completato le misurazioni autodidattiche dello stress e degli esiti del diabete e i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) sono stati valutati come indice di controllo del diabete. I risultati hanno mostrato che il funzionamento riflettente sia materno che infantile era più elevato nel GDC rispetto al gruppo PDC ed era correlato negativamente con HbA1c nel campione totale. I nostri risultati suggeriscono un ruolo importante per la mentalizzazione negli esiti del diabete, ma sono necessarie ulteriori ricerche prospettiche.
Perché mentalizzare significa fare un pensiero. Elaborare un contenuto mentale che riguarda se stessi, gli altri, le relazioni. Spesso questo concetto non viene incluso nella comune percezione dell’esperienza poiché le persone ritengono di essere già in contatto coi propri pensieri; la psicoterapia, e in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, introducono invece un altro obiettivo: le nostre emozioni, il nostro modo di rapportarci agli altri possono diventare più comprensibili se identifichiamo gli stati mentali reali che si sono accompagnati a quei vissuti. Un esempio è rappresentato dall’ansia e dalle sue manifestazioni somatiche; quando il nostro corpo sembra stare male, e avvertiamo dei sintomi che non riusciamo a spiegare se non immaginando di avere dei disturbi organici esclusi però dagli esami medici, si sta verificando un’espressione somatica dell’emozione ansiosa. Il nostro corpo parla per noi. In questo caso è necessario mentalizzare, identificare cioè quei pensieri che si frappongono fra la condizione di stabilità percepita e l’emozione negativa. Spesso si tratta di pensieri automatici che fanno riferimento al timore di eventi pericolosi o alla paura della paura, quel rimuginio per cui il solo pensiero di poter stare male genera il malessere.
Alla ricerca del nostro mio, un percorso nel quale, da anni, AGD Bologna, sostiene e offre ampio supporto agli operatori della diabetologia pediatrica del Policlinico Sant’Orsola, alle famiglie, bambini, ragazzi e adolescenti, giovani adulti con diabete tipo 1.
Pubblicato in Development and Psychopathology il 14 gennaio 2019