I sistemi di somministrazione di insulina che rispondono al glucosio e che ne imitano la funzione endocrina del pancreas potrebbero migliorare la salute e ottimizzare la qualità della vita per le persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 con ridotta funzione delle cellule beta.
Tuttavia, i sistemi di somministrazione di insulina con un comportamento rapido in vivo rispondente al glucosio in genere hanno capacità di carico dell’insulina limitate e non possono essere prodotti facilmente.
Qui, mostriamo che un singolo cerotto transdermico rimovibile, contenente microaghi caricati con insulina e una matrice polimerica non degradabile sensibile al glucosio, e fabbricato tramite fotopolimerizzazione in situ, regola la glicemia in topi e maiali diabetici insulino-insufficienti (per maiali> 25 kg, la regolazione del glucosio è durata> 20 h con patch di ~ 5 cm 2).
In condizioni iperglicemiche, le unità di acido fenilboronico all’interno della matrice polimerica formano in modo reversibile complessi glucosio-borato che, a causa della loro carica negativa aumentata, inducono il gonfiore della matrice polimerica e indeboliscono le interazioni elettrostatiche tra l’insulina caricata negativamente e i polimeri, promuovendo il rilascio rapido di insulina.
Questa dimostrazione “proof of concept” può aiutare nello sviluppo di altri cerotti con microaghi traslazionali che rispondono agli stimoli per la consegna dei farmaci.
Lo studio è stato condotto dai ricercatori del Dipartimento di ingegneria biomedica, University of North Carolina a Chapel Hill e North Carolina State University, USA.
Nota a margine: a livello di ricerca sono veramente tanti i centri che stanno di cercando di sviluppare una tecnica mininvasiva per la somministrazione dell’insulina e controllo della glicemia, dal MIT di Boston alla Medtronic, al CERN di Ginevra solo per citarne alcuni. Il Mio Diabete in tredici anni ha pubblicato almeno 20 articoli su tema, i tempi per vedere un prodotto applicato all’uomo non sono ravvicinati ma il fatto che ci lavorino in tanti fa ben sperare.
Pubblicato il 3 febbraio 2020 in Nature Biomedical Engineering