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Fattori clinici, psicologici e demografici in una coorte adulta contemporanea con chetoacidosi diabetica e diabete di tipo 1

La chetoacidosi diabetica (DKA) è una complicanza acuta potenzialmente letale ma spesso prevenibile del diabete di tipo 1 (T1D). Comprendere le caratteristiche cliniche e psicosociali delle persone con DKA, in particolare quelle con più episodi di tale manifestazione clinica, può aiutare lo sviluppo di strategie di prevenzione.

Lo studio condotto dai diabetologi australiani vuole descrivere i fattori clinici, psicologici e demografici negli adulti con chetoacidosi diabetica (DKA) e in particolare quei fattori associati alle ammissioni ricorrenti.

Allo scopo è stata eseguita un’analisi retrospettiva di tutti i ricoveri con DKA nelle persone con T1D per un periodo di 4 anni dal 1 ° novembre 2013 al 31 ottobre 2017 in un ospedale terziario metropolitano in Australia. I potenziali casi sono stati identificati dai dati di codifica ICD-10. I dati sono stati quindi estratti manualmente dai medici dalla cartella clinica elettronica.

Ci sono state 154 ammissioni cliniche per DKA tra 128 persone con T1D. Di questi, 16 (13%) avevano più ammissioni DKA. Quarantuno (32%) avevano una storia di depressione. I fattori più comuni che hanno contribuito alla presentazione includevano omissione di insulina (54%), infezione (31%), eccesso di alcol (26%) e nuova diagnosi di diabete (16%). Rispetto alle persone con singoli ricoveri, quelli con DKA ricorrente avevano maggiori probabilità di fumare (69% vs 27%, p = 0,003), essere disoccupati (31% vs 11%, p = 0,04) e usare sostanze illecite (44% vs 17 %, p = 0,02).

In conclusione, si evince l’esistenza di un’alta prevalenza di malattie psichiatriche, uso illecito di sostanze e svantaggi sociali tra le persone ammesse con DKA, in particolare quelle con presentazioni ricorrenti. L’omissione di insulina, spesso dovuta a una gestione inappropriata della giornata di malattia, è la ragione più comune di insorgenza di DKA. Per affrontare queste sfide sono necessari innovativi modelli multidisciplinari di assistenza. 

Pubblicato su Internal Medicine Journal del 2 maggio 2020.