
Credito: UNIST
La Tecnologia dei Microimpianti Vascolari Tridimensionali Scoperta dall’UNIST
Le ferite croniche rappresentano una sfida significativa nel campo della medicina, spesso resistendo ai tentativi di guarigione e portando a complicazioni gravi. Tuttavia, una svolta innovativa nel recupero delle ferite senza cicatrici è stata recentemente raggiunta da un gruppo di ricercatori affiliati all’Università Nazionale della Scienza e della Tecnologia (UNIST). Questo team di scienziati, guidato dal professor Joo H. Kang del Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell’UNIST di Seul, Corea del Sud, ha sviluppato una tecnologia rivoluzionaria che utilizza il sangue autologo per creare impianti microvascolari tridimensionali, aprendo nuove prospettive nella rigenerazione dei tessuti.
A differenza dei metodi precedenti che si basavano su cerotti di idrogel carichi di cellule utilizzando tessuti grassi o plasma ricco di piastrine, questo approccio innovativo consente la creazione di robuste reti di vasi microcapillari all’interno delle ferite cutanee. L’utilizzo del sangue autologo, cioè il proprio sangue del paziente, garantisce la massima compatibilità e promuove un’efficace guarigione delle ferite.
La tecnologia di questo team si basa sull’utilizzo di un sistema microfluidico sofisticato in grado di trasformare il sangue in un’impalcatura di tessuto artificiale. Questo processo sfrutta gli sforzi di taglio microfluidici per allineare le fibre di fibrina presenti nel sangue lungo la direzione del flusso sanguigno, attivando le piastrine. Questo allineamento e l’attivazione delle piastrine creano un ambiente moderatamente rigido all’interno del tessuto, condizioni ottimali per facilitare la maturazione e la vascolarizzazione delle cellule endoteliali.
Ma qual è il risultato di questa innovativa tecnologia? Quando questi microimpianti vascolari tridimensionali (IVET) vengono applicati come cerotti sulle ferite cutanee dorsali dei roditori, si verifica una vera e propria trasformazione. I risultati sono sorprendenti: tassi di chiusura delle ferite superiori al 96%, aumento dello spessore dell’epidermide, maggiore deposizione di collagene, rigenerazione dei follicoli piliferi, ridotta infiltrazione di neutrofili e una guarigione accelerata delle ferite, tutto grazie a una migliore circolazione microvascolare.
Le ferite croniche, che spesso non riescono a guarire correttamente nel tempo e possono portare a complicazioni gravi come il diabete e le malattie vascolari, sono una sfida critica per il settore medico. Nei casi più gravi, queste ferite possono persino causare la sepsi, una condizione pericolosa per la vita con alti tassi di mortalità. Tuttavia, grazie a questa tecnologia di sangue autologo sviluppata dall’UNIST, si prospettano nuovi orizzonti nella gestione e nella guarigione delle ferite croniche.
In conclusione, il lavoro pionieristico del professor Kang e del suo team presso l’UNIST promette di rivoluzionare il campo della medicina rigenerativa. Utilizzando il sangue autologo per creare impianti microvascolari tridimensionali, la tecnologia offre un approccio promettente per la guarigione delle ferite senza cicatrici, offrendo nuove speranze ai pazienti affetti da ferite croniche e aprendo la strada a una migliore qualità della vita. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su “Advanced Materials”, gettando le basi per un futuro in cui le cicatrici potrebbero diventare un ricordo del passato.
Ulteriori informazioni: Su Hyun Jung et al, Nematic Fibrin Fibers Enabling Vascularized Thrombus Implants Facilitate Scarless Cutaneous Wound Healing, Advanced Materials (2023). DOI: 10.1002/adma.202211149