Nuovi studi di fase 3 mostrano l’efficacia dell’insulina efsitora alfa somministrata una volta alla settimana, paragonabile all’insulina degludec quotidiana, ma con un rischio maggiore di ipoglicemia in alcune popolazioni.


Insulina efsitora alfa: l’innovazione nella gestione del diabete con una somministrazione settimanale

La gestione del diabete, soprattutto per chi necessita di terapia insulinica, è spesso gravosa per via delle iniezioni quotidiane. Tuttavia, i risultati di due nuovi studi di fase 3, presentati durante il meeting annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete, offrono una prospettiva interessante per una possibile riduzione del carico terapeutico: l’insulina efsitora alfa, somministrata una volta alla settimana, si è dimostrata altrettanto efficace dell’insulina degludec quotidiana nel controllo dell’HbA1c, il parametro chiave per monitorare il controllo glicemico a lungo termine.

Questa nuova formulazione potrebbe rappresentare una vera svolta per migliorare l’aderenza terapeutica e la qualità di vita delle persone con diabete di tipo 1 e 2, specialmente per chi trova opprimente la necessità di somministrazioni giornaliere.

I risultati degli studi QWINT-2 e QWINT-5

Due importanti studi, QWINT-2 e QWINT-5, hanno valutato l’efficacia e la sicurezza dell’insulina efsitora alfa in diverse popolazioni di pazienti. QWINT-2 ha arruolato adulti con diabete di tipo 2 mai trattati con insulina, mentre QWINT-5 ha coinvolto pazienti con diabete di tipo 1 precedentemente trattati con un regime basale-bolo di insulina.

Nel primo studio, pubblicato su The New England Journal of Medicine, l’insulina efsitora ha dimostrato di non essere inferiore all’insulina degludec nella riduzione dell’HbA1c. I pazienti trattati con efsitora hanno registrato un calo di 1,26 punti percentuali, a fronte di un calo di 1,17 punti percentuali con degludec. Inoltre, oltre il 60% dei partecipanti in entrambi i gruppi ha raggiunto un livello di HbA1c inferiore al 7% entro la fine dello studio. Questo dato è significativo poiché un controllo ottimale dell’HbA1c riduce il rischio di complicanze diabetiche a lungo termine.

Lo studio QWINT-5, pubblicato su The Lancet, ha coinvolto pazienti con diabete di tipo 1 e ha evidenziato risultati simili. Dopo 26 settimane, la riduzione dell’HbA1c era di 0,51 punti percentuali per il gruppo trattato con efsitora, contro 0,56 punti percentuali nel gruppo degludec. Anche in questo caso, la differenza tra i due trattamenti è risultata trascurabile, suggerendo che l’insulina efsitora settimanale può essere una valida alternativa per il diabete di tipo 1.

Rischi di ipoglicemia e tollerabilità

Sebbene l’insulina efsitora alfa si sia dimostrata efficace nel controllo glicemico, gli studi hanno anche rivelato alcune problematiche, in particolare legate al rischio di ipoglicemia. Nei pazienti con diabete di tipo 1 trattati con efsitora, si sono verificati più episodi di ipoglicemia di livello 2 e 3 rispetto a quelli trattati con degludec. Questi episodi sono stati particolarmente frequenti durante la fase iniziale di titolazione della dose.

Come sottolineato da Richard M. Bergenstal, direttore dell’International Diabetes Center di Minneapolis, il rischio di ipoglicemia potrebbe essere legato a una modifica nelle strategie di dosaggio introdotte dopo la sperimentazione di fase 2. Tuttavia, Bergenstal ha anche osservato che ulteriori ricerche, supportate da un’analisi dei dati di monitoraggio continuo del glucosio, potrebbero contribuire a ridurre questi episodi.

Per quanto riguarda gli eventi avversi, il 72,5% dei partecipanti trattati con efsitora nel QWINT-2 ha riportato effetti collaterali, un dato in linea con quanto osservato per degludec. Non sono emersi segnali di sicurezza preoccupanti, con entrambi i trattamenti generalmente ben tollerati dalla maggior parte dei pazienti.

Miglioramento dell’aderenza e qualità della vita

Uno dei principali vantaggi dell’insulina efsitora alfa è la riduzione del numero di iniezioni necessarie. Stefano Del Prato, professore presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha sottolineato che circa un terzo delle persone con diabete non segue correttamente la terapia insulinica, spesso a causa del carico emotivo e fisico delle iniezioni quotidiane. Ridurre le iniezioni da 365 all’anno a solo 52 potrebbe migliorare significativamente l’aderenza terapeutica e la qualità della vita dei pazienti.

Questa riduzione potrebbe essere particolarmente utile per chi ha difficoltà con la somministrazione quotidiana, come le persone con disabilità motorie o cognitive. Un’opzione settimanale potrebbe alleggerire il peso del trattamento, rendendo la gestione del diabete meno stressante.

Limiti e prospettive future

Nonostante i risultati promettenti, alcuni esperti esprimono riserve sull’uso dell’insulina efsitora nel diabete di tipo 1. L’aumento del rischio di ipoglicemia osservato nel QWINT-5 suggerisce che l’insulina settimanale potrebbe non essere adatta per tutti i pazienti, in particolare per coloro che hanno già difficoltà a mantenere un controllo glicemico stabile. Inoltre, come sottolineato da Cees J. Tack, dell’Università Radboud nei Paesi Bassi, i pazienti dovranno comunque monitorare regolarmente i loro livelli di glucosio, anche nei giorni in cui non ricevono l’insulina.

L’insulina settimanale rappresenta dunque una “bella opzione da avere” per alcune popolazioni di pazienti, ma non un trattamento indispensabile per tutti. Ulteriori ricerche sono necessarie per affinare le strategie di dosaggio e ridurre i rischi associati, soprattutto per i pazienti con diabete di tipo 1.

Conclusione

L’introduzione dell’insulina efsitora alfa somministrata una volta alla settimana rappresenta un’importante innovazione nel campo della gestione del diabete, offrendo un’alternativa praticabile all’insulina basale giornaliera per molti pazienti con diabete di tipo 1 e 2. Tuttavia, come ogni nuovo trattamento, ci sono rischi e benefici da considerare attentamente. La possibilità di ridurre drasticamente il numero di iniezioni annuali potrebbe migliorare l’aderenza terapeutica, ma l’aumento del rischio di ipoglicemia in alcuni pazienti richiede ulteriori approfondimenti.