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Diabete e obesità: una crescente emergenza sanitaria nei campi profughi Sahrawi

L’epidemia globale di diabete e obesità non è più una prerogativa dei paesi industrializzati. Anche le regioni più povere e marginalizzate del mondo, come i campi profughi Sahrawi in Algeria, sono sempre più colpite da queste patologie. La mancanza di risorse alimentari adeguate e un sistema sanitario profondamente carente stanno aggravando una situazione già critica. In questo contesto, le diabetologhe italiane Francesca Spanu e Luisa Porcu, in rappresentanza della Fondazione AMD (Associazione Medici Diabetologi), hanno recentemente completato una missione umanitaria nella provincia algerina di Auserd. L’obiettivo principale della loro missione è stato fornire assistenza e sensibilizzare circa 100 pazienti Sahrawi affetti da diabete, malattia che, in quella regione, risulta spesso mal gestita.

Il contesto: tra povertà e scarsi mezzi sanitari

I rifugiati Sahrawi vivono in condizioni di estrema povertà da oltre quattro decenni, dopo essere stati costretti a lasciare il loro territorio d’origine a causa di un conflitto politico. I campi profughi situati nel deserto algerino sono caratterizzati da un’assenza quasi totale di infrastrutture sanitarie moderne. Le risorse alimentari sono limitate agli aiuti internazionali, principalmente forniti dal World Food Programme (WFP) delle Nazioni Unite. Purtroppo, questi aiuti alimentari, originariamente pensati per situazioni di emergenza a breve termine, non sono adatti a lungo termine. La dieta basata prevalentemente su carboidrati raffinati e carente di fibre e micronutrienti ha contribuito all’aumento dei tassi di obesità e diabete tra la popolazione rifugiata.

“Le condizioni di vita nel deserto sono già difficili di per sé,” spiegano Spanu e Porcu. “Ma il vero problema è la totale mancanza di strutture sanitarie adeguate. Gli ambulatori sono sprovvisti di attrezzature basilari, come acqua corrente, e le uniche figure sanitarie disponibili sono infermieri. I farmaci per il trattamento del diabete sono vecchi di oltre trent’anni e, nel 90% dei casi, abbiamo riscontrato che il diabete non è adeguatamente controllato.”

Una missione umanitaria per la gestione del diabete

La missione di Francesca Spanu e Luisa Porcu si inserisce all’interno del progetto “Alleanza contro il diabete – creazione di una rete di sostegno alla cura dei pazienti Sahrawi”, promosso dalla Fondazione AMD in collaborazione con l’Azienda USL Toscana Centro. Questa iniziativa, sostenuta anche dall’ONG Movimento Africa ’70, mira a fornire assistenza diabetologica nei campi profughi attraverso la formazione del personale sanitario locale e il miglioramento delle risorse per il trattamento del diabete. La missione delle diabetologhe italiane è stata la prima di due, con una seconda programmata per febbraio 2025.

Durante la loro permanenza ad Auserd, Spanu e Porcu hanno svolto visite di controllo a circa 100 pazienti già diagnosticati con diabete, fornendo indicazioni su come migliorare la gestione della malattia. In particolare, hanno cercato di sensibilizzare la popolazione sull’importanza di una gestione regolare del diabete, spiegando che l’assunzione sporadica dei farmaci non è sufficiente per evitare gravi complicanze. Le pazienti, per lo più donne giovani, sono state incoraggiate a seguire una dieta più equilibrata e a praticare attività fisica, nonostante le evidenti difficoltà imposte dalla scarsità di cibo e dall’ambiente desertico.

Una sfida che richiede collaborazione

Uno degli elementi chiave emersi dalla missione è la necessità di creare una rete di collaborazione tra medici, infermieri e altri operatori sanitari. “La parola chiave è ‘lavorare insieme’,” affermano Spanu e Porcu. “Solo un intervento coordinato tra personale sanitario locale e specialisti può fare la differenza nella gestione del diabete tra i rifugiati Sahrawi.” Il progetto prevede anche la formazione continua degli infermieri locali, che svolgono un ruolo cruciale nella gestione quotidiana dei pazienti diabetici. L’obiettivo è strutturare una rete di assistenza che, nel tempo, possa diventare autonoma e sostenibile.

Nonostante le difficoltà, la missione si è rivelata un successo. Il bilancio delle due dottoresse è positivo, anche se la strada verso una gestione efficace del diabete in queste aree è ancora lunga. Il personale sanitario locale ha mostrato grande impegno e volontà di apprendere, ma le risorse sono estremamente limitate. “Abbiamo riscontrato un miglioramento nei pazienti visitati rispetto all’ultimo controllo, ma il vero problema è l’assenza di continuità nell’assistenza sanitaria. I pazienti non ricevono visite mediche regolari, il che porta inevitabilmente a un peggioramento dei loro valori glicemici,” raccontano Spanu e Porcu.

Una crisi alimentare che contribuisce alla malnutrizione e al diabete

La crisi alimentare nei campi profughi Sahrawi è una delle principali cause del rapido aumento dei casi di diabete e obesità. I rifugiati dipendono esclusivamente dagli aiuti alimentari del WFP, che fornisce principalmente prodotti a base di carboidrati come riso, pasta e farina. “Questi aiuti sono stati pensati per emergenze a breve termine,” spiega la dottoressa Margherita Occhipinti dell’Azienda USL Toscana Centro, “ma quando una situazione di emergenza si protrae per decenni, come nel caso dei Sahrawi, gli aiuti alimentari possono diventare essi stessi causa di malnutrizione.”

Il futuro del progetto: verso un modello sostenibile

Graziano Di Cianni, Presidente di Fondazione AMD, ha espresso la soddisfazione per i risultati ottenuti finora, sottolineando l’importanza della collaborazione tra Fondazione AMD e Regione Toscana. Il progetto, avviato due anni fa, continua a crescere, coinvolgendo sempre più partner e medici specialisti. La speranza è che il modello di assistenza sviluppato possa essere replicato in altri contesti simili, dove le risorse sanitarie sono scarse e le malattie metaboliche in aumento.

“La nostra missione non è solo quella di fornire assistenza immediata,” conclude Stefano Fusi, Responsabile per la cooperazione internazionale dell’Azienda USL Toscana Centro, “ma di costruire una rete di assistenza sostenibile che possa garantire un futuro migliore ai rifugiati Sahrawi.”

Conclusione

La missione delle diabetologhe italiane tra i rifugiati Sahrawi rappresenta un esempio tangibile di come la cooperazione sanitaria internazionale possa fare la differenza in contesti di estrema povertà. Con il proseguire del progetto “Alleanza contro il diabete”, l’obiettivo è non solo quello di migliorare la gestione del diabete tra i rifugiati, ma anche di creare un modello di assistenza sanitaria sostenibile che possa essere replicato in altre aree del mondo colpite da simili problematiche.