Una nuova ricerca dimostra che sostituire i prodotti animali con alimenti vegetali, anche quelli meno salutari, favorisce la perdita di peso negli adulti con diabete di tipo 1. Lo studio del Physicians Committee for Responsible Medicine apre a un cambio di paradigma nutrizionale.
Che il cibo sia la prima medicina lo sapevamo. Ma che anche pane bianco e succo d’arancia potessero battere le uova e la ricotta in una dieta per il diabete di tipo 1, forse no.
Una nuova ricerca pubblicata su Frontiers in Nutrition dal Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM) getta nuova luce sull’efficacia della dieta vegana nel favorire la perdita di peso negli adulti con diabete di tipo 1. E la notizia è sorprendente: non serve nemmeno contare le calorie.
Lo studio, primo nel suo genere, è un’analisi secondaria di un trial clinico randomizzato su 58 adulti con diabete tipo 1. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha seguito una dieta vegana a basso contenuto di grassi, senza limiti calorici o di carboidrati; l’altro ha adottato una dieta a porzioni controllate, con riduzione dell’apporto calorico ma mantenimento stabile dei carboidrati.
Il risultato? Una perdita media di 5 chili per chi ha scelto la dieta vegetale. Zero per gli altri.
Ma non è tutto. La cosa più intrigante è che anche i cibi vegetali considerati “non salutari” – come cereali raffinati, patate, dolci, bevande zuccherate – sembrano avere un effetto migliore rispetto ai tradizionali prodotti animali.
“Sostituire i prodotti animali con alimenti di origine vegetale, anche quelli cosiddetti ‘non sani’, porta benefici tangibili nelle persone con diabete di tipo 1 che desiderano perdere peso”, afferma la dott.ssa Hana Kahleova, PhD, direttrice della ricerca clinica presso il PCRM e autrice principale dello studio.
Secondo i ricercatori, il segreto sta nella natura stessa della dieta vegana: più ricca di fibre, meno densa in calorie, e probabilmente più capace di modulare il microbiota intestinale, con effetti indiretti sulla sensibilità insulinica e il metabolismo.
Le tre facce della dieta vegetale
Per comprendere meglio la dinamica dello studio, i ricercatori hanno utilizzato tre indici alimentari:
- PDI (Plant-based Diet Index): misura il consumo complessivo di cibi vegetali
- hPDI (healthy PDI): misura il consumo di cibi vegetali “salutari” (frutta, verdura, cereali integrali, legumi, frutta secca, caffè, tè)
- uPDI (unhealthy PDI): misura il consumo di cibi vegetali “meno salutari” (dolci, patate, succhi di frutta, bibite zuccherate)
Con la dieta vegana, sia il PDI che l’hPDI sono aumentati significativamente. Anche l’uPDI è salito leggermente, ma non ha influenzato negativamente la perdita di peso. Nella dieta a porzioni controllate, invece, nessun indice ha mostrato variazioni significative di rilievo.
Cosa hanno mangiato i partecipanti?
Nel gruppo vegano si è assistito a un aumento del consumo di legumi, cereali integrali e frutta. È diminuito, invece, l’apporto di oli vegetali e frutta secca. Sorprendentemente, i cibi “non salutari” non sono aumentati in modo significativo, segno che anche una dieta apparentemente libera tende, nel tempo, a una selezione spontanea di scelte migliori.
Nel gruppo a porzioni controllate, l’unica variazione rilevante è stata una leggera riduzione dei cereali raffinati.
Oltre il peso: insulina, glicemia e reni ringraziano
La perdita di peso non è stato l’unico risultato positivo. Lo studio originale aveva già evidenziato che la dieta vegana:
- riduce il fabbisogno di insulina
- migliora la sensibilità all’insulina
- ottimizza il controllo glicemico
- abbassa il colesterolo
- favorisce la funzionalità renale
Effetti che, per chi convive con una malattia cronica come il diabete tipo 1, non sono solo numeri su un referto: sono qualità di vita, energia ritrovata, prevenzione delle complicanze.
Dunque, cosa ci insegna questa ricerca?
Che forse non dobbiamo essere ossessionati dalla perfezione alimentare, ma piuttosto orientati al cambiamento. Anche una dieta vegetale non impeccabile può generare benefici se contrapposta a un’alimentazione ricca di derivati animali.
In altre parole: meglio un toast col succo d’arancia che un brunch all’americana. Anche se il pane è bianco e il succo zuccherato.
Non si tratta di moralismi gastronomici, ma di strategie concrete per migliorare la salute.
La dottoressa Kahleova chiude con una metafora luminosa:
“Ogni passo verso una dieta a base vegetale è un passo verso il benessere. Anche se è piccolo, anche se è imperfetto.”
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