Scienziati dell’Università dello Utah scoprono come una tossina marina potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie endocrine, grazie alla sua precisione e stabilità superiori ai farmaci sintetici.

In un campo della medicina in cui l’innovazione è cruciale, una scoperta sorprendente sta attirando l’attenzione della comunità scientifica: una tossina proveniente da una delle creature più velenose del pianeta, la lumaca conica marina, potrebbe rappresentare la svolta nella cura del diabete e dei disturbi ormonali. Un team internazionale di ricercatori, guidato dagli scienziati dell’Università dello Utah, ha identificato una molecola nel veleno di questa lumaca che imita l’azione della somatostatina, un ormone umano chiave nella regolazione dei livelli di zucchero nel sangue e di altri ormoni essenziali.

La scoperta, recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, rivela che questa tossina, denominata consomatina, non solo imita la somatostatina, ma lo fa in modo molto più preciso e duraturo. A differenza dell’ormone umano, che agisce su diversi bersagli nel corpo, la consomatina si lega a una sola proteina, rendendola un modello ideale per lo sviluppo di nuovi farmaci. Questa precisione nel targeting potrebbe ridurre gli effetti collaterali, un vantaggio significativo rispetto ai farmaci attualmente in uso.

Ho Yan Yeung, PhD, primo autore dello studio (sinistra) e Thomas Koch, PhD, anche lui autore dello studio (destra) esaminano un lotto di lumache cono appena raccolte. Credito immagine: Safavi Lab.
CREDITO
Laboratorio Safavi

La somatostatina agisce come un freno per molti processi nel corpo, inclusa la regolazione della glicemia. La consomatina scoperta dai ricercatori non solo è più specifica, ma è anche più stabile, grazie a un amminoacido raro che la rende resistente alla scomposizione nel corpo umano. Questa caratteristica potrebbe portare alla creazione di farmaci con effetti più duraturi e meno effetti collaterali rispetto alle terapie esistenti.

Il professor Helena Safavi, che ha guidato la ricerca, spiega che la letalità delle tossine naturali deriva spesso dalla loro capacità di colpire con estrema precisione determinati