Uno studio italiano apre la strada a terapie immunologiche mirate, puntando sull’asse IL-8/CXCR1-CXCR2 per potenziare le cellule B regolatorie e frenare l’autoimmunità del T1D.
Nel mondo della ricerca sul diabete di tipo 1, la speranza è una parola che si nutre di scienza. Ed è proprio dalla scienza che arriva oggi un nuovo raggio di luce, firmato da un gruppo di ricercatori italiani guidati da Paolo Fiorina, con base a Milano. Il focus? Una molecola chiamata Reparixin e il suo impatto sull’asse infiammatorio IL-8/CXCR1-CXCR2, cruciale nella regolazione del sistema immunitario.
Chi conosce il diabete di tipo 1 sa che questa malattia è una ribellione dell’organismo contro sé stesso: il sistema immunitario attacca le cellule beta pancreatiche, distruggendole. Ma cosa succederebbe se potessimo “convincere” il sistema immunitario a fermarsi? La chiave potrebbe risiedere nelle cellule B regolatorie (Bregs), le sentinelle immunologiche che hanno il compito di mantenere l’equilibrio e spegnere gli incendi autoimmuni.
Il cuore dello studio
Il team di ricerca ha puntato sull’asse IL-8/CXCR1-CXCR2, un percorso molecolare che si è rivelato alterato nei pazienti con diabete di tipo 1. Analizzando cellule prelevate sia da topi NOD (un modello animale per il T1D) sia da pazienti umani, i ricercatori hanno scoperto che i livelli di IL-8 e dei suoi recettori erano significativamente più alti nei soggetti con T1D rispetto ai controlli sani, in particolare sulle cellule Bregs e su altre cellule B non regolatorie.
Ma la vera scoperta è avvenuta in laboratorio: utilizzando Reparixin, un inibitore dell’asse IL-8/CXCR1-CXCR2, i ricercatori sono riusciti a espandere Bregs più potenti e funzionali. Queste cellule, una volta messe in contatto con cellule T autoimmuni, sono riuscite a sopprimere la loro proliferazione e a ridurre la produzione di interferone gamma (IFN-?), una delle molecole infiammatorie coinvolte nell’attacco alle isole pancreatiche.
Una possibile immunoterapia personalizzata
Il risultato è promettente: Reparixin alla concentrazione di 10nM è stato il più efficace nel rafforzare l’effetto soppressivo delle Bregs, aprendo la strada a una possibile immunoterapia personalizzata per i pazienti con T1D. Questo approccio potrebbe rappresentare una strategia complementare all’insulina, mirata non solo a gestire la glicemia ma a colpire l’origine autoimmunitaria della malattia.
Secondo gli autori dello studio, tra cui spiccano i nomi di Salma A. Khalefa, Moufida Ben Nasr, Vera Usuelli, Francesca D’Addio e Gianvincenzo Zuccotti, la comprensione e la modulazione dell’asse IL-8/CXCR1-CXCR2 potrebbero gettare le fondamenta per una nuova era terapeutica.
L’Italia protagonista nella ricerca
Questa ricerca, presentata all’interno del programma scientifico dell’ADA 2025, porta la firma di diversi istituti milanesi e si conferma come un esempio virtuoso di collaborazione tra scienza accademica e industria biotech (con la partecipazione anche di Dompé, Sanofi, Novo Nordisk e Roche). È un ulteriore passo nel posizionamento dell’Italia tra i Paesi protagonisti nella corsa alla cura del diabete di tipo 1.
E adesso?
Naturalmente, questi risultati sono ancora preliminari e vanno confermati da studi clinici più ampi. Ma la strada è tracciata: potenziare il sistema immunitario per difendersi da sé stesso, senza annientarlo. Una danza sottile tra spegnere l’infiammazione e accendere la speranza.
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