Una sorprendente ricerca presentata all’EASD 2025 rivela che abitare in ambienti rurali nei primi 5 anni di vita può aumentare significativamente il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1. I dati sfidano le convinzioni tradizionali sulla salute ambientale.

Vivere circondati dalla natura, tra campi e boschi, è da sempre sinonimo di salute, purezza e benessere. Ma cosa accadrebbe se questa immagine idilliaca venisse messa in discussione da uno studio scientifico? È ciò che è emerso dalla nuova e sorprendente ricerca presentata al congresso annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), tenutosi a Vienna dal 15 al 19 settembre 2025.

Secondo lo studio condotto da Samy Sebraoui e dalla Professoressa Soffia Gudbjornsdottir dell’Università di Göteborg, vivere in ambienti rurali nei primi cinque anni di vita potrebbe aumentare sensibilmente il rischio di sviluppare diabete di tipo 1 (T1D), rispetto a chi cresce in contesti urbani.

Un risultato controintuitivo che sfida le credenze più radicate: non è la città, con il suo smog e le sue folle, il terreno fertile per la malattia autoimmune, ma piuttosto la campagna, la terra che pensavamo madre e protettrice.

Diabete tipo 1: una malattia autoimmune in crescita

Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica in cui il sistema immunitario attacca le cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina. Ne consegue una carenza assoluta dell’ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue, portando a iperglicemia. Questa forma di diabete colpisce spesso durante l’infanzia o l’adolescenza e richiede una terapia insulinica sostitutiva per tutta la vita.

La Svezia, in particolare, presenta la seconda incidenza più alta al mondo di T1D, con notevoli variazioni regionali che suggeriscono un peso importante dei fattori ambientali.

Lo studio: oltre 21.000 pazienti analizzati

Utilizzando i dati del Registro Nazionale Svedese del Diabete e quelli di Statistics Sweden, i ricercatori hanno monitorato oltre 21.700 pazienti diagnosticati tra il 2005 e il 2022 (età 0–30 anni), tracciando tutti i loro indirizzi residenziali dalla nascita fino alla diagnosi.

L’analisi statistica ha rivelato 4 cluster geografici ad alto rischio localizzati in zone rurali del centro della Svezia, con un rischio di sviluppare il T1D tra il 30% e l’80% superiore alla media nazionale. Al contrario, nessun cluster ad alto rischio è stato rilevato nelle grandi città.

Una seconda analisi ha confermato il trend: nei primi 5 anni di vita, sono stati identificati 11 cluster rurali ad alto rischio e 15 cluster urbani a basso rischio, con il rischio ridotto fino all’88% nelle città medie del sud del Paese come Växjö, Norrköping e Halmstad.

Rurale = rischio? Possibili spiegazioni

Cosa potrebbe spiegare questo paradosso? Gli autori avanzano alcune ipotesi speculative:

  • Infezioni virali più comuni in città nei primi anni di vita potrebbero avere un effetto protettivo sul sistema immunitario, riducendo la predisposizione alle malattie autoimmuni.
  • Le aree rurali potrebbero esporre i bambini a pesticidi, allergeni o altre sostanze ambientali che favoriscono l’attivazione del sistema immunitario in modo anomalo.
  • Differenze nei livelli di igiene, nell’esposizione a batteri “buoni” o nelle abitudini alimentari potrebbero giocare un ruolo importante.

L’analisi del suolo ha evidenziato che i cluster ad alto rischio erano caratterizzati da uso agricolo o forestale, mentre quelli a basso rischio erano dominati da ambiente urbano.

Uno scenario tutto da riscrivere

Questi risultati aprono nuovi scenari nella comprensione del diabete di tipo 1 e del suo legame con l’ambiente. I ricercatori svedesi stanno ora approfondendo le differenze nello stile di vita tra città e campagna, cercando fattori protettivi e di rischio da poter includere nei prossimi studi.

Una cosa è certa: il luogo in cui si nasce e si cresce conta più di quanto immaginassimo, e la campagna potrebbe non essere sempre la scelta più “salutare”, almeno quando si parla di autoimmunità.

L’invito degli studiosi è chiaro: non demonizzare né glorificare nessun ambiente, ma comprendere le dinamiche nascoste dietro i dati, per prevenire meglio una malattia che colpisce sempre più bambini nel mondo.


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