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Uno studio della UCSF svela un divario preoccupante tra linee guida e realtà clinica: solo una minoranza di pazienti riceve i farmaci GLP-1 e SGLT2, nonostante i benefici provati su cuore e reni.

Il progresso c’è, ma pochi ci arrivano: perché i farmaci migliori per il diabete restano fuori portata?

Il diabete di tipo 2 è una condizione diffusa quanto subdola: silenziosa nel suo progredire, ma fragorosa nei danni che lascia dietro di sé. Secondo i dati statunitensi, ne soffre un americano su dieci. Eppure, anche oggi, in piena era biotecnologica, solo una piccola parte dei pazienti riceve le cure più efficaci disponibili. Come mai?

Ce lo dice un’analisi dell’University of California San Francisco (UCSF), che ha passato al setaccio oltre 40.000 cartelle cliniche contenute nel Health Data Warehouse dell’università. Lo studio ha rivelato un paradosso inquietante: i farmaci più innovativi e protettivi, raccomandati da anni dalle linee guida ufficiali, raggiungono solo una minoranza dei pazienti che ne avrebbero bisogno. Una dissonanza tra teoria e pratica che merita attenzione, e un deciso cambio di rotta.


Le nuove armi: GLP-1 e SGLT2, piccoli miracoli trascurati

Nel corso degli ultimi anni, il panorama farmacologico per il diabete di tipo 2 ha vissuto una piccola rivoluzione. A cambiare le carte in tavola sono stati gli agonisti del recettore GLP-1 (come OzempicWegovy) e gli inibitori SGLT2(come JardianceFarxiga). Questi farmaci non solo aiutano a controllare la glicemia, ma proteggono attivamente cuore e reni, riducendo drasticamente eventi cardiovascolari e progressione della nefropatia diabetica.

Eppure, i dati del 2022 parlano chiaro: solo il 20% dei pazienti riceve un GLP-1 entro un anno dalla diagnosi. Peggio ancora per gli SGLT2: meno del 15%.

Per capirci: se il diabete è un incendio, questi farmaci non solo spengono le fiamme, ma ristrutturano anche la casa. Eppure, il loro utilizzo resta confinato a pochi fortunati.


Il colpevole? Non uno solo

Secondo gli autori dello studio, guidati dal farmacologo Jonathan Watanabe, il problema è molteplice.

1. Il costo:
Farmaci come Ozempic e Wegovy hanno prezzi elevati e non sempre sono coperti dalle assicurazioni. Il risultato? I pazienti che ne avrebbero più bisogno—spesso i più fragili, con comorbidità—non possono permetterseli.

2. La scarsa informazione tra i medici:
Molti professionisti sanitari non sono aggiornati sulle nuove linee guida dell’American Diabetes Association e dell’American Heart Association, che da anni promuovono questi farmaci come prima scelta, soprattutto per i pazienti a rischio cardiovascolare.

3. L’inerzia terapeutica:
In assenza di una spinta forte a cambiare, si resta ancorati alla metformina, all’insulina o, peggio ancora, alle sulfoniluree, vecchi farmaci associati a rischi ipoglicemici e considerati oggi l’ultima spiaggia.


Un timido segnale positivo

Non tutto è nero. I dati evidenziano anche un lento ma costante aumento dell’utilizzo di GLP-1 e SGLT2 negli anni, in particolare nei pazienti con patologie renali o cardiovascolari. Parallelamente, l’uso delle sulfoniluree è diminuito, segno che qualcosa si muove.

Ma non è abbastanza. “Abbiamo i mezzi per cambiare la traiettoria del diabete di tipo 2,” afferma Watanabe. “Ora serve il coraggio e la volontà di usarli.”


La ricetta del cambiamento

Per colmare questo divario serve un’azione coordinata:

  • Aggiornare sistematicamente la formazione dei medici di base, affinché conoscano e applichino le linee guida più recenti.
  • Estendere le coperture assicurative ai farmaci più efficaci, con particolare attenzione alle fasce fragili della popolazione.
  • Promuovere la consapevolezza tra i pazienti, affinché possano discutere con i loro medici delle opzioni migliori sin dal primo giorno di diagnosi.

Il diabete non aspetta. Ogni giorno di ritardo nella terapia più adeguata è una porta che si chiude sul futuro di una persona. E il futuro non merita farmaci di seconda mano.


Conclusione: una cura che va oltre la glicemia

Il messaggio è semplice quanto urgente: il diabete va trattato con tutti i mezzi migliori a disposizione, subito. I GLP-1 e gli SGLT2 non sono semplici farmaci, sono strategie di sopravvivenza moderna. Se vogliamo evitare le complicanze più gravi, non possiamo più ignorarli.

Perché quando si parla di diabete, ogni scelta terapeutica è una scommessa sul tempo. E chi ha tempo, non aspetti terapia.


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Pubblicazione: Journal of Diabetes
Altri ricercatori:  William Hou dell’UC Irvine; Katherine R. Tuttle, MD, dell’Università di Washington; Weining Shen, PhD, dell’UC Irvine, e Andrew Rekes, MD, dell’UC Irvine. 

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