Uno studio del Massachusetts General Brigham rivela che il sistema esperto DXplain, sviluppato nel 1984, resta più affidabile dei moderni modelli linguistici nella diagnosi clinica. Ma la combinazione tra le due intelligenze potrebbe rivoluzionare la medicina.
Quando l’esperienza batte la novità: il ritorno dei sistemi esperti
Nel mondo luccicante dell’intelligenza artificiale generativa, dove ogni giorno sembra aprirsi una nuova frontiera del possibile, arriva una notizia che sa di contrappunto: i sistemi tradizionali di supporto alle decisioni diagnostiche – i cosiddetti DDSS – continuano a dire la loro. Anzi, secondo un recente studio condotto dai ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH), capofila del network Mass General Brigham, superano i più celebrati modelli linguistici come ChatGPT e Gemini nella capacità di formulare diagnosi mediche corrette.
In un confronto diretto tra il sistema DXplain, attivo fin dal 1984, e le più recenti incarnazioni dell’IA generativa, emerge un risultato che può sorprendere solo chi ha dimenticato le radici: la solidità dell’esperienza costruita su decenni di pratica clinica può ancora battere l’entusiasmo della novità.
L’esperimento: 36 casi clinici, due generazioni di IA
Lo studio, pubblicato su JAMA Network Open, ha coinvolto 36 casi clinici di pazienti diversi per età, genere ed etnia. Gli algoritmi – DXplain, ChatGPT e Gemini – hanno affrontato il compito di proporre diagnosi sia con che senza l’ausilio dei dati di laboratorio.
Ecco i risultati:
- Con dati di laboratorio: DXplain ha centrato la diagnosi corretta nel 72% dei casi, seguito da ChatGPT (64%) e Gemini (58%).
- Senza dati di laboratorio: DXplain ha mantenuto il primato con 56% di accuratezza, mentre ChatGPT ha ottenuto 42% e Gemini 39%.
Anche se le differenze non sono statisticamente significative, il trend è chiaro: la vecchia scuola tiene botta.

Credito
Generale Brigham del Massachusetts
Perché DXplain continua a funzionare?
Nato in un’epoca pre-Google, DXplain è un sistema esperto alimentato da migliaia di profili clinici, diagnosi, sintomi e correlazioni tra dati. Non ha bisogno di generare testo fantasioso, ma si limita – con umiltà chirurgica – a consultare la sua enciclopedia interna e proporre ipotesi ordinate secondo probabilità e coerenza clinica.
Come spiega il dottor Edward Hoffer del Laboratory of Computer Science del MGH:
“In mezzo a tutto l’interesse per i grandi modelli linguistici, è facile dimenticare che i primi sistemi di IA usati con successo in medicina erano proprio questi: esperti e prudenti.”
L’alleanza che verrà: non più “o”, ma “e”
Tuttavia, lo studio non celebra solo un trionfo del passato. Anzi. I ricercatori vedono nel confronto tra DXplain e i LLM un’opportunità unica: quella di combinare i punti di forza dei due approcci. Se da un lato DXplain è metodico, preciso e inattaccabile sul piano logico, dall’altro ChatGPT e Gemini hanno un vantaggio: sanno leggere, comprendere il contesto linguistico, estrarre dati da testi clinici narrativi e fornire risposte fluide.
Il dottor Mitchell Feldman, autore corrispondente dello studio, lancia la visione:
“Immaginate un sistema dove un LLM estrae informazioni da un diario clinico e le inserisce automaticamente in un DDSS come DXplain. Il risultato? Una diagnosi più accurata, in meno tempo e con meno fatica per il medico.”
Un’unione non solo auspicabile, ma già in fase di sperimentazione.
La medicina del futuro sarà ibrida
L’intelligenza artificiale, insomma, non è una partita a somma zero. Non è un’arena in cui deve vincere per forza il modello più recente. In medicina, più che altrove, l’obiettivo è la salute del paziente, non la gloria dell’algoritmo. E se il passato e il futuro possono stringersi la mano per offrire diagnosi più precise e cure più tempestive, tanto meglio per tutti.
Questo studio rappresenta un richiamo importante a non buttare via con l’acqua sporca i sistemi “classici” di IA, spesso messi in ombra dall’euforia generativa. La vera innovazione, ci dice la scienza, non è sempre rottura: è spesso integrazione.
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