Rappresentazione artistica della retina di un topo diabetico che mostra la vascolarizzazione retinica (giallo) con aumentata perdita (rosso) in seguito a un episodio transitorio di ipoglicemia (basso livello di glucosio) indotto dall'insulina. Credito Isabella Sodhi, McDonogh SchoolRappresentazione artistica della retina di un topo diabetico che mostra la vascolarizzazione retinica (giallo) con aumentata perdita (rosso) in seguito a un episodio transitorio di ipoglicemia (basso livello di glucosio) indotto dall'insulina. Credito Isabella Sodhi, McDonogh School

Un farmaco sperimentale promette di proteggere gli occhi dei pazienti diabetici

La fragilità nascosta della vista diabetica

La retinopatia diabetica è una delle complicanze più temute del diabete, capace di compromettere irrimediabilmente la vista. Mentre l’iperglicemia è da tempo riconosciuta come un fattore di rischio, recenti ricerche indicano che anche l’ipoglicemia, ovvero bassi livelli di zucchero nel sangue, può contribuire significativamente al deterioramento della salute oculare nei pazienti diabetici.

Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Wilmer Eye Institute della Johns Hopkins Medicine, finanziato dal National Institutes of Health, ha evidenziato come l’ipoglicemia possa compromettere la barriera emato-retinica, una struttura fondamentale che regola il passaggio di sostanze tra il sangue e la retina. La rottura di questa barriera può portare a edema, infiammazione e, nei casi più gravi, alla perdita della vista.

Lo studio completo, pubblicato su Science Translational Medicine il 30 aprile, spiega che una proteina specifica, nota come fattore inducibile dall’ipossia (HIF), si accumula in alcune cellule della retina durante i periodi di bassi livelli di zucchero nel sangue.


Il ruolo della proteina HIF nella retinopatia diabetica

Al centro di questa scoperta vi è la proteina HIF (Hypoxia-Inducible Factor), che si accumula nelle cellule retiniche durante gli episodi di ipoglicemia. L’HIF è noto per attivare geni che promuovono la formazione di nuovi vasi sanguigni e aumentano la permeabilità vascolare, processi che, se incontrollati, possono danneggiare la retina.

Gli esperimenti condotti su modelli murini hanno mostrato che l’ipoglicemia induce un aumento dei livelli di HIF nei topi diabetici, ma non in quelli sani. Questo aumento è sufficiente a compromettere la barriera emato-retinica, suggerendo un legame diretto tra ipoglicemia e danno retinico nei pazienti diabetici.


32-134D: una nuova frontiera terapeutica

In risposta a queste scoperte, i ricercatori hanno testato un farmaco sperimentale denominato 32-134D, progettato per inibire l’attività dell’HIF. I risultati sono promettenti: nei topi trattati con 32-134D prima di indurre l’ipoglicemia, si è osservata una significativa riduzione dei livelli di HIF e una protezione della barriera emato-retinica.

A differenza di altri inibitori dell’HIF, come l’acriflavina, che possono avere effetti tossici sulla retina, il 32-134D si è dimostrato sicuro e ben tollerato nei modelli animali. Questa caratteristica lo rende un candidato ideale per ulteriori studi clinici.


Implicazioni per la gestione del diabete

Queste scoperte sottolineano l’importanza di un controllo glicemico equilibrato nei pazienti diabetici. Evitare non solo l’iperglicemia, ma anche l’ipoglicemia, è fondamentale per prevenire complicanze oculari. Il 32-134D potrebbe rappresentare una svolta nella prevenzione e nel trattamento della retinopatia diabetica, offrendo una nuova speranza a milioni di pazienti.


Conclusioni

La ricerca condotta dalla Johns Hopkins Medicine apre nuove prospettive nella comprensione e nel trattamento della retinopatia diabetica. L’identificazione del ruolo dell’ipoglicemia e della proteina HIF nella progressione della malattia, insieme allo sviluppo del 32-134D, rappresenta un passo significativo verso terapie più efficaci e sicure.


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