Una foto del congresso (da sinistra: Francesco Blasi, Prorettore dell'Università Statale di Milano delegato ai Rapporti con il Sistema Sanitario, il prof. Livio Luzi e Paola Muti, Direttore Scientifico dell’IRCCS MultiMedica e Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università Statale di Milano).Una foto del congresso (da sinistra: Francesco Blasi, Prorettore dell'Università Statale di Milano delegato ai Rapporti con il Sistema Sanitario, il prof. Livio Luzi e Paola Muti, Direttore Scientifico dell’IRCCS MultiMedica e Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università Statale di Milano).

La medicina del futuro ha un volto nuovo. Anzi, due: quello dell’uomo e quello della donna. E li guarda entrambi con occhi diversi, attenti alle peculiarità biologiche, ormonali e cliniche che distinguono i due sessi. È quanto emerso dal congresso “ENDO-DIABE 2025: medicina di genere per l’endocrinologo”, organizzato dall’IRCCS MultiMedica e dall’Università Statale di Milano, dove si è parlato di come percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) differenziati possano migliorare la qualità delle cure, ridurre i costi e accorciare le liste d’attesa.

Il professor Livio Luzi, direttore del Dipartimento di Endocrinologia, Nutrizione e Malattie Metaboliche di MultiMedica, è stato chiaro: “Sappiamo che le malattie si manifestano e rispondono alle cure in modo diverso negli uomini e nelle donne. Ora è tempo di tradurre questa consapevolezza in modelli organizzativi veri e propri”.

La rivoluzione silenziosa dei PDTA genere-specifici

Nel corso del congresso è stato presentato un modello innovativo per riorganizzare le Unità Operative di Endocrinologia sulla base del genere, con PDTA distinti per uomini e donne per patologie come osteoporosinoduli tiroidei e prolattinomi – disturbi che colpiscono maggiormente il sesso femminile. La simulazione, sottoposta alle Istituzioni lombarde, mostra un potenziale risparmio del 16,9% sui costi dell’Unità Operativa, con un incremento significativo del numero di pazienti gestibili.

Ad esempio:

  • Il PDTA maschile sull’osteoporosi riduce il ricorso a MOC e radiografie, aumentando del 30% la capacità della struttura.
  • Il PDTA femminile per i noduli tiroidei abbassa la necessità di tiroidectomie.
  • Il PDTA sui prolattinomi dimezza le risonanze magnetiche all’ipofisi.

Non si tratta solo di efficienza, ma di giustizia clinica: “Trattare tutti allo stesso modo non significa trattare tutti bene”, sottolinea Luzi.

Quando anche l’occhio vuole la sua diagnosi

Il congresso ha toccato anche il tema della retinopatia diabetica, complicanza che affligge circa il 6,4% dei pazienti diabetici italiani. Secondo la professoressa Stela Vujosevic, Direttore dell’Unità Complessa di Oculistica dell’Ospedale San Giuseppe, il sesso maschile è un fattore di rischio indipendente per la forma avanzata della malattia. E con una previsione di crescita del diabete fino all’8% della popolazione italiana entro il 2045, non è più tempo di trattamenti generici.

Medicina di genere: una storia che parte da lontano

L’idea di una medicina sensibile al genere non nasce ieri. Già nel 1861, Elizabeth Garrett Anderson diventava la prima donna medico del Regno Unito, mentre James Miranda Stuart Barry, prima ancora, esercitava la professione fingendosi uomo. Nel 1991 la cardiologa americana Bernadine Healy, prima direttrice donna del NIH, pubblicava il celebre saggio “The Yentl Syndrome”, denunciando come le donne ricevessero trattamenti adeguati solo quando i loro sintomi imitavano quelli maschili.

Oggi, il percorso legislativo ha dato gambe a questa visione: dal progetto “Salute Donna” dell’ISS (2007), alla legge 3/2018, che impegna il Ministero della Salute a promuovere strategie di medicina di genere, fino al Piano Nazionale 2019 per la sua applicazione sul territorio.

Una sanità più equa è anche più sostenibile

La lezione di ENDO-DIABE 2025 è potente nella sua semplicità: prendersi cura meglio, curando diversamente, secondo i bisogni specifici di ciascun genere. Una visione che non si limita a un ideale etico, ma che produce vantaggi concreti, tangibili, misurabili.

Il risparmio del 16,9% ipotizzato è più di una cifra: è la prova che l’equità può essere anche economia. È il sogno di una sanità che guarisce e si guarisce, diventando più intelligente, più inclusiva, più umana.

Perché in fondo, curare è sempre un atto d’amore. E l’amore, si sa, non è mai neutro: guarda, ascolta, distingue, comprende.


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