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Arezzo, 20 febbraio 2015 – «Assolto perché il fatto non sussiste». Così il Tribunale di Arezzo ha posto fine alla vicenda che vedeva contrapposta la famiglia di Plino Ortolani, il bimbo di Sansepolcro colpito da un diabete diagnosticato in ritardo, e il pediatra Paolo Batti, assolvendo quest’ultimo dall’accusa di lesioni colpose. La vicenda è stata protagonista di diverse puntate de «Le Iene».

Plino Ortolani si sente male, i genitori consultano il pediatra per telefono e lo portano in ambulatorio per farlo visitare. Sospettando il diabete, Batti prescrive l’analisi delle urine, chiamdando poi in ospedale per sincerarsi dei risultati: dal nosocomio comunicano l’assenza di glicosuria. Il diabete, invece, c’era eccome tanto è vero che oggi il piccolo Plinio è costretto a vivere con le conseguenze di quella malattia.

Le successive corse negli ospedali non hanno potuto impedire quelle conseguenze. Secondo i genitori di Plinio la responsabilità di quella diagnosi tardiva era da imputarsi anche al pediatra. Per due volte il pm aveva chiesto l’archiviazione e per due volte la famiglia Ortolani si era opposta, ottenendo infine il rinvio a giudizio. Batti, difeso dall’avvocato Piero Melani Graverini e per la parte civile da Riccardo Lorenzi, è stato assolto. È stato lo stesso pubblico ministero a chiedere l’assoluzione alla luce delle risultanze delle perizie. E assoluzione è stata la decisione del giudice Gianni Fruganti.

Dal quotidiano La Nazione del 20/2/2015

Jacopo OrtolaniTra pigrizia e reazione il pendolo diabetico si muove lentamente dentro un presente mellifluo e gelatinoso quasi a stare assorto e incantato e fatalista aspettare un domani nella speranza fosse o divenisse già presente. Ma poi chi è il diabetico? Questa figura appartenente a tutte le età esiste per davvero oppure è solo una leggenda mesopotamica, metropolitana, del lago morenico?

Io sono diabetico e vivo, lo sono dall’inverno dal febbraio del 1963, nonostante per l’anagrafe sanitaria il battessimo con la malattia è stato dato al 2 maggio dello stesso anno. Il mio esordio a un anno e otto mesi di vita fu molto grave, anche perché ebbi la “fortuna” di essere il primo a vedere riconosciuta la patologia a quella tenera età e il tutto sopraggiunse con un ritardo notevole poiché in prima istanza il medico di famiglia pensò a una intossicazione epatica di origine alimentare e dopo una settimana con l’aggravarsi delle condizioni venne deciso di portarmi d’urgenza alla Pediatria del Gozzadini (Bologna) ove mi riscontrarono il diabete.

Altri tempi sì, ma il tardivo riconoscimento di tale malattia negli infanti continua a ripetersi: il caso balzato alla cronaca del piccolo Plinio Ortolani, il bambino che rischiò di morire a causa di un tardivo riconoscimento del diabete e conseguente azione di soccorso e terapia per scongiurare effetti letali dovuti a coma iperglicemico e chetoacidosi con edema cerebrale, così come accadde a me all’epoca, è terminato (si fa per dire) nella procedura giudiziaria con l’assoluzione degli indagati tra cui il medico.

Ora lungi da me entrare nel merito e giudicare una sentenza, dall’esito peraltro scontato, ma voglio solo fare un inciso: purtroppo di episodi simili da quel lontano 1963 ce ne sono stati diversi e, aggiungo, ce ne saranno ancora, quel che fa la differenza nella vicenda della famiglia Ortolani sta nella tenacia e forza di papà Jacopo di lottare per avere non solo giustizia, ma porre l’attenzione della popolazione e società sul diabete ad esordio infantile, con tutti i problemi e rischi spesso ignorati o sottovalutati che possono colpire i bambini e di cui non ci si fa carico abbastanza.

Ecco mentre in tutti i casi, a partire dal mio, ci si chiudeva nelle quattro mura domestiche a piangersi addosso, avere paura di chissà che altro poteva accadere al pargolo e non si voleva arrecare disturbo a nessuno, la famiglia Ortolani a rotto questa coltre, muro di silenzio e omertà facendo emergere chiaro e tondo tutta la problematicità del diabete tipo 1 ad esordio infantile, giovanile.

Ed ora cosa si fa? Non ho alcun titolo per ergermi a proponente di ipotetiche soluzioni e simili ma esprimo un desiderio: non mollare la presa e tenere alta l’attenzione su questa vicenda come di tante altre cadute nel dimenticatoio, perché il peggiore nemico della malattia diabete è proprio far finta di niente, lasciar correre i problemi tanto non è nulla di grave.

Ecco non facciamo questo errore a cominciare dal far venire meno la solidarietà e il sostegno alla Famiglia Ortolani, al piccolo Plinio. Cerchiamo di imparare qualcosa ogni tanto.