Si respira nebbia e gelo, d’inverno non è un mistero e a volte appar strano sollevarsi agilmente dal divano mentre il vento di grecale risuona dal davanzale, con questa aria da neve e pioggia essiccata è la sfoglia che tu non voglia. Cosa mangeremo per Natale? Qualcosa di tradizionale oppure di trasgressivo: come tonno e cipolla ad esempio? Troppe e inutili domande, credo, in fondo, simbologie e calendari a parte, un evento rappresenta il momento per stare assieme e condividere un frammento di tempo si spera in pace e armonia.
E così proprio ieri ho avuto il piacere di tornare a Rimini come due anni fa, invitato al pranzo per lo scambio degli auguri di Natale, organizzato dalla nuova Associazione che raccoglie tutti i diabetici delle provincie di Forlì-Cesena Rimini, adulti e giovani denominata: Diabete Romagna. Una delle poche ma buone occasioni per incontrare persone positive e trarre conferma di un punto chiave nella vita e lotta per restare in forma ed equilibrio con il diabete: fare squadra. E che squadra! Diabete Romagna nel giro di un soli due anni ha promosso un evento unico per partecipazione e dimensioni organizzative in tutta Europa: Diabetes Marathon e quest’anno Diabetes on the beach, coinvolgendo decine di migliaia di persone sulla sensibilizzazione, informazione e molto altro ancora sulla malattia durante la stagione estiva nelle affollate località del litorale romagnolo. Diabete Romagna raccoglie oltre 5000 iscritti, 150 volontari e ha una segreteria a tempo pieno per coordinare i tanti eventi in programma nei mesi a venire. Insomma da quel che so e conosco una realtà unica nel nostro paese in termini di aggregazione e rappresentatività di noi diabetici. I dirigenti di questa associazione sono tutte persone giovani tra i 30 e 40 anni dinamici, positivi e con idee d’avanguardia: Pierre Cignani Presidente Diabete Romagna, Marco Tellarini responsabile organizzazione e Antonella Mengucci referente area famiglie e giovani hanno portato ieri a Rimini 400 persone bambini ragazzi al ristorante Frontemare.
Purtroppo la mia genesi diabetica è stata difficile non solo per le caratteristiche pesanti e invalidanti scaturite dall’attacco della patologia al corpo, ma anche causa di un insieme di altri fattori presenti all’epoca (1963): terapia non sufficiente e assistenza primitiva rispetto ai parametri attuali, a fronte della complessità della malattia la solitaria condizione sia culturale che sociale dei miei genitori.
Ecco dove sta la differenza: la colonna portante dei diabetici non sono i diabetici stessi, ma bensì le famiglie, il resto non conta per poche e diverse ragioni, ma una sola sta a fare la differenza: l’autosufficienza. L’unico momento in cui il diabete mina l’autosufficienza sta proprio, nel tipo 1, durante l’infanzia e adolescenza, e allora con tutte le angosce e attenzioni del caso, sta alla famiglia portare il carico di questo processo, del quale resterà traccia per molti anni a venire.
Anche per queste ragioni il diabete non fa presa come elemento di aggregazione, associazione tra diabetici. Una volta diventati adulti ci sentiamo come tutti gli altri, anche se c’è qualche ipoglicemia o iperglicemia tendiamo a non mettercene e comunque vogliamo sentirci come i “sani”. Poi invecchiando si cambia e avremo tempo per arrivarci, meglio non pensarci.
Fatto tutto sto predicone per tornare a palla sulla giornata piacevole trascorsa domenica a Rimini e ricordare che attraverso il vissuto di ciascuno di noi si trae la forza per andare avanti e rendere possibile non il cambiamento, ma il miglioramento. Perché l’obiettivo per un diabetico, lo voglio ricordare sempre, è cambiare per migliorare, altrimenti non ha senso tutto questo essere e fare.
Vi lascio con un pezzo molto recente della mia vita con la tecnologia e il diabete: come ho scritto diverse volte porto da cinque anni il sistema integrato microinfusore più sensore glicemico della Medtronic Veo, quello per intenderci che lancia l’allarme e sospende l’erogazione d’insulina in caso di ipoglicemia. Tale passaggio avvenne poiché dopo tanti decenni passati con la malattia non avvertivo più l’ipoglicemia. Bene l’altra sera posso proprio dire che il Veo mi ha salvato la vita: per la prima volta non solo non ho avvertito la ipo, ma il livello era sceso a 30 mg/dl e il congegno ha fatto tutto da solo.
Il microinfusore: la scelta migliore fatta in 52 anni di diabete.
Nota importante: chi fa volontariato e no profit sa quanto è difficile raccogliere gente e fondi, donazioni. Lo vedo io qui a Bologna sia come ADB e AGD che tramite il blog, ecco Diabete Romagna è veramente fantastica e unica perché riesce a fare iniziative e cose che prendono l’attenzione dell’opinione pubblica.