Confessioni di un vecchio diabetico giovanile (inteso di tipo 1): invecchiando miglioro con il diabete in tutti sensi, ovvero sotto il profilo glicemico e della malattia nel suo insieme, come dal lato umano e tensivo; prendo la vita e le sue essenze, odori e manifestazioni con maggiore discernimento e il giusto attacco, ritmo, riuscendo a mantenere un livello umorale buono, sereno, allegro pur senza esagerazioni, sempre con equilibrio. Lo so ai più la cosa comporta un bel: e chi se ne frega, tra a me che molti lustri le cose con la malattia sono sempre andate male.
Amo ribadire fino alla noia, nausea questi fatti per un motivo semplice ma vitale: ricevo diverse mail da compagni di diabete scoraggiati e demotivati dalla condizione e si rivolgono a me per sapere come ho fatto, faccio per aver superato tale scoglio, fase di alta marea? La mia risposta non è taumaturgica o evocativa di percorsi miracolistici e men che meno magici, ma frutto di un cammino affatto facile e tribolato per vicende familiari e personali, un percorso irto di problemi fino a pochi anni fa momento in cui ho cominciato a vedere le cose della vita in modo migliore e positivo.
Fatta la premessa nel corso del tempo, e in particolare all’apice delle fasi critiche, ho sempre guardato avanti e non mi sono mai disperato, non ho mai perso la speranza o scoraggiato perché senza ritenermi chissà chi quel poco di buono conseguito e portato a casa con le unghie ed i denti è stato sempre motivo di orgoglio e forza così da trovare un punto di appiglio per proseguire il cammino indifferentemente da interferenze e bastoni tra le ruote.
Ecco la lezione che ho cominciato a imparare dalla vita sta in questo breve assioma: equilibrio e armonia da mantenere lungo la via per amare se stesso il nostro simile, l’esistenza. Senza questo asse di mantenimento o ancor perdendone la prospettiva si finisce per andar peggio e la costanza in negativo non porta a nessun frutto.
Sapete qual è la specialità del diabetico? Saper vivere con l’incognita senza farsi prevaricare nell’animo dalla medesima e farne uno stile di vita: una sorta di malattia la nostra unica nel suo genere se ci pensiamo bene, poiché siamo un ibrido tra un malato e un modello da sfilata, non esibitore di vanità in questo caso ma di buon portamento questo sì, e ancora al tempo stesso un atleta pronto per partire e saltare l’ostacolo sui 400 metri. Il diabetico? Un pentatleta.
La parola chiave per convivere con l’incognita è: disciplina, certo non marziale ma discreta e costante questo sì, e un poco di tempo, impegno, oggi possibile e fattibile grazie al miglioramento delle tecniche di autodiagnosi domestica e hai diversi tipi d’insulina presenti e rispondenti alle più svariate necessità personali e metaboliche.
E per concludere la dissertazione personale l’ultimo importante passo da avere sempre presente: siate leggeri dentro, non appesantitevi di pensieri raggomitolati a vicolo cieco, pensate di essere in mongolfiera volate, scoprite, guardate la bellezza del mondo che vi circonda, e se avvertite pensieri negativi mollate la zavorra e alleggerite il vostro carico.