Sogni diabetici inquinati da interferenze biochimico strutturali enigmatiche, le quali collidono coi paralleli geografici di dubbia origine. Un breve racconto ne scandisce la portata intrinseca.
Nel sonno la follia, il nostro “indifferenziato”, può finalmente librarsi oltre la ragione, che appartiene al diurno, e prendere liberamente il sopravvento.
Ercolino sognava spesso la sua amica Giuliana; iniziò a sognarla quando incontrarla era diventato quasi impossibile. Nei lunghi anni in cui si era esiliato dalla sua presenza i sogni che la riguardavano erano diventati la norma e quasi sempre lasciavano al risveglio nostalgia e rimpianto.
Dopo che Ercolino aveva lasciato il lavoro a causa dell’età, i suoi sogni erano diventati più complessi e le visioni notturne si integravano di fotogrammi relativi ai luoghi di lavoro, quasi sempre elaborati fantasiosamente dalla mente.
Ercolino ricordava in particolare un sogno che ricorreva frequentemente: un appuntamento con Giuliana in una piazza che poteva essere quella della Bologna della sua infanzia, la piazza Santo Stefano nel centro della città, così chiamata per la presenza di uno dei piu bei monasteri benedettini con complesso articolato di sette cappelle detto: “Le sette chiese”. All’appuntamento Giuliana arrivava serena e, come in passato, conversava piacevolmente con Ercolino passeggiando per la via, ma poi, arrivati davanti a quello che poteva assomigliare ad un alto palazzo storico di Vigevano attraversato da un arco, quasi come fosse l’ingresso di antiche mura, …Giuliana dichiarava di dover salire in casa per studiare e si allontanava frettolosamente con un breve quanto imprevisto cenno di saluto. Nel sogno Ercolino si ritrovava smarrito e cercava l’amica anche oltre l’alto portone, come se l’avesse smarrita, e si fermava a chiedere ai passanti se qualcuno l’avesse vista entrare da qualche parte. Ma il palazzo era privo di porte e dalle finestre lui poteva solo intuire la presenza di lei al di là dei vetri di una finestra dell’ultimo piano. A quel punto una strana angoscia pervadeva il suo animo e lui, madido di sudore, si svegliava in preda allo sconforto.
Ecco riaffiorare come in un incubo quella sensazione di perdita dell’altro che diventava perdita di sé.
Questo sogno per lungo tempo, con poche varianti, divenne quasi una costante, così come un altro in cui Ercolino sognava lunghi corridoi di antichi palazzi dove in tante piccole stanze, quasi fossero le classi di una scuola, vi erano impiegati intenti a lavorare o semplicemente a conversare o ancora chini su compiti come fossero alle prese dell’esame di maturità: i ricordi della scuola dell’infanzia che si confondevano con uffici aziendali, ma sempre rigorosamente quanto stranamente allocati in palazzi tanto fatiscenti quanto severamente nobiliari, dove Ercolino si aggirava, spesso come muto spettatore, fino a scendere nei sotterranei attraverso improbabili ascensori.
Spettatore muto, quasi un fantasma che poteva vedere come in un film un passato dove si mescolavano ricordi estrapolati dal tempo in un magmatico e spettacolare caleidoscopio.
La follia, l’unica libertà possibile dalla ragione che solo nei sogni possiamo esprimere senza turbare la società.