Una riflessione al volo sul pianeta salute e satellite diabete. Domanda: noi diabetici cosa siamo? Un brand? Una merce di scambio usata dai medici per far pesare il loro ruolo e avere in cambio qualche dindino da contratto o per altre vie? Un brand, un marchio, un firma.
Credo proprio che i fatti stiano così, e pure noi stiamo a farci confezionare addosso tale etichetta, tanto, a parte qualche eccezione lì a confermare la regola, poi male non stiamo e ci arrangiamo con le buone o cattive maniere.
Quindi a Bologna chiudono diabetologia, chiudono endocrinologia chi se ne fotte?
Se dovessi parafrasare il diabetico a una canzone la potrei intitolare: il diabetico è – prendendo spunto da Napule è di Pino Daniele
Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce dè creature
Che saglie chianu chianu
E tu sai ca nun sì sula
Napule è nu sole amaro
Napule è addore e mare
Napule è na carta sporca
E nisciuno se ne mporta
E ognuno aspetta a sciorta
Napule è na camminata
Int’e viche e mmiezz’all’ate
Napule è tutto lu suonno
E a sape tutto o munno
Ma nun sann’a verità
Sapete cosa ha dato fastidio della mia iniziativa, poi interrotta in corso d’opera, di non fare insulina? Certo l’inaccettabile atto di non fare un farmaco salvavita, quindi di irradiare un messaggio pericoloso, mortale in rete, ma anche aver scalfito un muro d’ipocrisia, di quei diabetici in crisi non ipoglicemica ma di convivenza con la malattia e che si sono tolti la vita in silenzio senza apparire sui giornali (peraltro inutile strumento di mediazione sociale poiché pubblicano notizie comandate), tra l’indifferenza di tutti e in primo luogo di parte degli stessi medici. Quindi che importa se ti vedono e non ti vedono, se è tra sei mesi o un anno?