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Pioveva e pioveva che Dio la mandava. Non avevo voglia di uscire nemmeno per chiedere l’ennesima sigaretta ai ragazzi del campetto da basket adiacente la cancellata dell’ospedale. Mi scappava la cacca. Mi stavo a rileggere “Memorie per la colonscopia”, e nonostante il testo non riuscivo ad andare. Il bagno, forse un po’ troppo grande per ospitare tutto il necessario.

Quattro mesi d’ospedale senza sapere da quale malattia fosse affetto lo avevano proiettato in una sorta di atarassia animalesca, quasi fosse una foca bastonata che, rassegnata alla propria fine, accettasse gli ultimi colpi di mazza senza più reagire o tentar la fuga. Eppure un atteggiamento simile non era del tutto spiegabile.

E’ vero, i medici non sapevano raccapezzarsi del suo stato, ma i sintomi non erano poi così gravi. Tutte le diagnosi più perniciose erano state scartate, non si trattava di aneurismi di sorta, né di malattie psicologiche, né di tumori o leucemie.

Facciamo finta di niente. Sempre meglio non avere seccature e responsabilità nella vita che poi doversi pentire e divenire oggetto dello scherno e rimprovero altrui. Sosteneva Rinaldo profondo conoscitore delle sue pene ed elucubrazioni mentali proiettate nell’incerto divenire, saldato al certo soldo in paga il 27 di ogni mese. D’altronde l’elemosina è fatta a gradi.

Come si può biasimarlo? Giammai. Un comportamento di tal guisa appartiene alla stragrande maggioranza di noi esseri umani: solo una risicata minoranza ha l’ardire di aver qualcosa da dire o obiettare e fare azioni coerenti di contrasto agli abusi di potere o, più semplicemente, alla stupidità insita in determinate gerarchie.

Per fortuna il più delle volte il diabete si presenta come una malattia che non ti dà una scadenza ravvicinata per il fine vita. In particolare da adulto puoi correre, sgambettare, fregartene e fare come ti pare. Le cose cambiano quando non stanno così.

Ma ogni frattaglia umana è a sé.

In ogni situazione che viviamo impariamo qualcosa. A volte la vita è una grande maestra, non solo impari a scuola la lezione, impariamo da ogni persona che entra a far parte nella nostra vita. Con o senza scuola a tutti ci è dato d’imparare.

I solchi lasciati sulla pelle sono come la corteccia degli alberi: liscia all’inizio e rugosa man mano che il tempo passa e le radici dentro al terreno si allungano. Nonostante le credenze verso scorciatoie e fandonie di diverso genere e tipo per cure e trattamenti miracolosi l’età conta.

Ha la buccia sottile, è sensibile, matura presto. E, insomma… non è una forza come il Cabernet che riesce a crescere ovunque e fiorisce anche quando è trascurato. No, al Pinot Nero servono cure e attenzioni. Sì, infatti cresce soltanto in certi piccolissimi angoli nascosti del mondo. E… e solo il più paziente e amorevole dei coltivatori può farcela, è così. Solo chi si prende davvero il tempo di comprendere il potenziale del Pinot sa farlo rendere al massimo della sua espressione. E inoltre, andiamo… oh, i suoi aromi sono i più ammalianti e brillanti, eccitanti e sottili e antichi del nostro pianeta. (Miles)