Ogni anno il 14 giugno si svolge la Giornata Mondiale della Donazione del Sangue, pensata per ringraziare i donatori per la loro opera meritoria e per divulgare l’importanza ed il valore della donazione volontaria (non retribuita e periodica) allo scopo di assicurare la qualità, la sicurezza e la disponibilità delle cure mediche.
In numerosi paesi, la domanda supera la disponibilità generando problemi di reperimento e di standard qualitativi di sangue ed emocomponenti.
Lo sviluppo della cultura della donazione e di quella di sangue volontaria in specie, non retribuita e periodica è lo strumento con il quale garantire un adeguato livello di scorte.
L’ambizioso obiettivo dell’OMS è di poter disporre di sangue ed emocomponenti provenienti da donazioni volontarie, non retribuite e periodiche in tutto il mondo entro il 2020.
Questo obiettivo, raggiungibile anche con il contributo di tutti coloro che possono farlo, è un vero traguardo di civiltà e responsabilità.
Il sangue noi diabetici tipo 1, o comunque trattati con insulina, non lo possiamo donare. Fatta questa ampia premessa ci sono due passaggi importanti da rimarcare: I diabetici possono donare gli organi?
La risposta è sì (salvo il pancreas). Possiamo donare il fegato e possiamo donare il rene (ovviamente previa biopsia). Possiamo donare anche i polmoni e il cuore (anche se solitamente il cuore sarà non idoneo per problemi coronarici), per fare alcuni esempi.
La donazione è vita e siccome una parte di noi diabetici ha ricevuto in dono, tramite trapianto, un pancreas, un rene, o delle isole pancreatiche sapere che possiamo dare e non solo ricevere rappresenta molto sia a livello etico che di vita.
Il segreto è donare un ombrello a tutti i nostri sogni in modo che l’alba non li possa svegliare con le sue solite lacrime dedicate a una luna che se ne deve andare.
Il segreto della donazione è prendere tempo alla morte per regalarlo alla vita, un concreto passaggio di testimone tra generazioni, tra esseri umani che va oltre il me, il noi.
Ma dopo tante parole un gesto, un atto concreto fa tutta una vita.
Un medico mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa, mentre realizzavo questa inchiesta. Mi ha detto: “Vede, c’è gente che viene da noi e avrebbe bisogno non di tre pillole al giorno, ma di tre abbracci al giorno”.
Piero Angela