Uno studio coreano rivela che gli inibitori SGLT2 potrebbero offrire protezione contro le malattie neurodegenerative

Un recente studio pubblicato sulla rivista Neurology®, il giornale medico dell’American Academy of Neurology, ha rivelato che una classe di farmaci per il diabete potrebbe essere associata a un rischio ridotto di demenza e morbo di Parkinson. La ricerca, condotta dal Dr. Minyoung Lee del College di Medicina dell’Università Yonsei di Seoul, Corea del Sud, ha esaminato gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio-2 (SGLT2), noti anche come gliflozine.

Gli inibitori SGLT2 sono farmaci utilizzati nel trattamento del diabete di tipo 2 che abbassano la glicemia inducendo i reni a eliminare il glucosio in eccesso attraverso l’urina. Questo meccanismo non solo aiuta a controllare i livelli di zucchero nel sangue, ma potrebbe anche offrire benefici aggiuntivi, come suggerito dai risultati dello studio.


Risultati dello studio

Lo studio retrospettivo ha coinvolto 358.862 partecipanti con un’età media di 58 anni, tutti affetti da diabete di tipo 2 e che avevano iniziato una terapia farmacologica tra il 2014 e il 2019. I ricercatori hanno confrontato due gruppi: uno che assumeva inibitori SGLT2 e un altro che assumeva altri farmaci orali per il diabete. I gruppi sono stati abbinati per età, condizioni di salute e complicazioni legate al diabete.

Nel corso dello studio, 6.837 partecipanti hanno sviluppato demenza o morbo di Parkinson. I risultati hanno mostrato che:

  • Malattia di Alzheimer: Il tasso di incidenza era di 39,7 casi ogni 10.000 anni-persona nel gruppo che assumeva inibitori SGLT2, rispetto a 63,7 casi nel gruppo di controllo.
  • Demenza vascolare: I tassi erano di 10,6 casi ogni 10.000 anni-persona per gli inibitori SGLT2, rispetto a 18,7 per gli altri farmaci.
  • Morbo di Parkinson: Il tasso di incidenza era di 9,3 casi ogni 10.000 anni-persona nel gruppo SGLT2, contro 13,7 nel gruppo di controllo.

Dopo aver aggiustato i dati per altri fattori potenzialmente influenti, come le complicazioni del diabete e l’uso di altri farmaci, l’uso di inibitori SGLT2 è stato associato a una riduzione del 20% del rischio di malattia di Alzheimer e morbo di Parkinson, e a una riduzione del 30% del rischio di demenza vascolare.


Implicazioni e considerazioni

“Le malattie neurodegenerative come la demenza e il morbo di Parkinson sono comuni, e il numero di casi è in aumento con l’invecchiamento della popolazione. Inoltre, le persone con diabete sono a maggior rischio di declino cognitivo”, ha affermato il Dr. Lee. “È incoraggiante vedere che questa classe di farmaci può fornire una certa protezione contro queste condizioni”.

Tuttavia, il Dr. Lee sottolinea la necessità di ulteriori ricerche: “I risultati sono generalmente coerenti anche dopo aver aggiustato per fattori come pressione sanguigna, glicemia, colesterolo e funzionalità renale. Tuttavia, è necessario confermare la validità a lungo termine di questi risultati”.

È importante notare che lo studio era di natura osservazionale e che i partecipanti sono stati seguiti per un periodo massimo di quattro anni. Ciò significa che alcuni potrebbero sviluppare demenza o morbo di Parkinson in seguito. Essendo uno studio retrospettivo, non può stabilire un rapporto di causa-effetto, ma solo un’associazione.


Gli inibitori SGLT2: oltre il controllo glicemico

Gli inibitori SGLT2 rappresentano una classe relativamente nuova di farmaci per il trattamento del diabete di tipo 2. Agiscono bloccando la proteina SGLT2 nei reni, responsabile del riassorbimento del glucosio nel sangue. Bloccando questa proteina, il glucosio in eccesso viene eliminato attraverso l’urina, contribuendo a ridurre i livelli di zucchero nel sangue.

Oltre al controllo glicemico, questi farmaci hanno dimostrato benefici aggiuntivi, come la perdita di peso e la riduzione del rischio di insufficienza cardiaca. L’ipotesi che possano avere effetti neuroprotettivi aggiunge un ulteriore livello di interesse per questa classe di farmaci.


Diabete di tipo 2 e rischio di malattie neurodegenerative

Il diabete di tipo 2 è una condizione cronica caratterizzata da elevati livelli di zucchero nel sangue dovuti a insulino-resistenza o a una produzione insufficiente di insulina. È noto che il diabete aumenta il rischio di diverse complicazioni, tra cui malattie cardiovascolari, problemi renali e danni ai nervi.

Studi precedenti hanno evidenziato un legame tra diabete di tipo 2 e un rischio maggiore di sviluppare demenza, inclusa la malattia di Alzheimer, e il morbo di Parkinson. L’iperglicemia cronica può contribuire a processi infiammatori e danni vascolari che influenzano la salute cerebrale.


Demenza e morbo di Parkinson: una panoramica

La demenza è un termine generale che descrive un declino delle capacità cognitive abbastanza grave da interferire con la vita quotidiana. La forma più comune è la malattia di Alzheimer, caratterizzata da perdita di memoria e altre funzioni cognitive.

La demenza vascolare è la seconda forma più comune ed è causata da ridotto flusso sanguigno al cervello, spesso a causa di ictus o altre condizioni vascolari. Entrambe le forme di demenza hanno un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.

Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente il controllo motorio, causando tremori, rigidità e difficoltà di movimento. Anche in questo caso, l’età avanzata è un fattore di rischio significativo.


Implicazioni per la pratica clinica

Se ulteriori ricerche confermeranno i risultati di questo studio, gli inibitori SGLT2 potrebbero essere considerati non solo per il controllo glicemico ma anche per la prevenzione di malattie neurodegenerative in pazienti con diabete di tipo 2. Questo potrebbe influenzare le linee guida cliniche e la gestione del diabete, ponendo maggiore enfasi su farmaci che offrono benefici multipli.

“Per le persone affette da diabete di tipo 2, questi risultati potrebbero rappresentare un ulteriore fattore da considerare nella scelta della terapia farmacologica, in consultazione con il proprio medico”, ha aggiunto il Dr. Lee. Tuttavia, non è consigliabile apportare cambiamenti alla terapia attuale senza prima aver consultato un professionista sanitario.


Prossimi passi nella ricerca

Il Dr. Lee e il suo team sottolineano l’importanza di studi futuri per confermare questi risultati. Studi prospettici a lungo termine e trial clinici randomizzati saranno essenziali per stabilire un rapporto causale e comprendere i meccanismi attraverso i quali gli inibitori SGLT2 potrebbero influenzare il rischio di demenza e morbo di Parkinson.

Inoltre, la ricerca potrebbe esplorare se questi benefici siano presenti anche in popolazioni non diabetiche o con prediabete. Comprendere i meccanismi sottostanti potrebbe aprire nuove strade per la prevenzione e il trattamento di queste malattie neurodegenerative.


Conclusione

L’associazione tra l’uso di inibitori SGLT2 e un rischio ridotto di demenza e morbo di Parkinson è un’area promettente che merita ulteriori indagini. Questa scoperta potrebbe avere un impatto significativo sulla salute pubblica, data la crescente prevalenza di queste malattie e del diabete di tipo 2.

Per ora, i pazienti dovrebbero continuare a seguire le raccomandazioni dei loro medici e rimanere informati sugli sviluppi della ricerca in questo campo. È fondamentale non modificare o interrompere alcuna terapia farmacologica senza consultare un professionista sanitario.


Supporto e finanziamenti

Lo studio è stato sostenuto dal Korea Health Technology R&D Project attraverso il Korea Health Industry Development Institute, finanziato dal Ministero della Salute e del Welfare della Corea, dal Severance Hospital e dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Yonsei.

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