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A livello accademico, clinico e filosofico ci sono diverse scuole di pensiero in ambito endocrinologico e diabetologico circa la comprovata utilità o meno del calcolo dei carboidrati nei pasti ai fini della riduzione del margine di errore nel dosaggio delle unità di insulina da iniettare prima di mangiare. Non ne faccio mistero della cosa poiché, ad esempio, nella classe medica endocrinologica bolognese a tale proposito esisteva una suddivisione a metà tra professionisti sostenitori della pratica e detrattori. Per quel che mi riguarda non ho mai ricevuto alcuna forma di educazione al riguardo dal 1963 anno di esordio del diabete ad oggi, sia in pediatria che tra gli adulti.

Sono un sostenitore del calcolo dei carboidrati, la applico quotidianamente e nel mio piccolo ricerca sempre forme e modi di miglioramento della tecnica.

Il calcolo dei carboidrati interessa il diabetico tipo 1 e i diabetici tipo 2 che fanno iniezioni di insulina multipla o impiegano il microinfusore. Con il l microinfusore programmare il bolo di insulina è, se addestrati, ancora più semplice con l’assistente di bolo (bolus wizard).

Uno dei problemi del diabetico, specie nel tipo 1 è quello di calibrare l’alimentazione e personalizzare la “propria dieta”. L’impiego del microinfusore è ormai entrato nella pratica quotidiana di un gran numero di persone affette da diabete mellito tipo 1 ; il suo uso consente una grande flessibilità nelle scelte alimentari. Infatti se un diabetico è stato sufficientemente informato circa il contenuto in carboidrati della sua dieta, questi potrà variare la scelta dei cibi ed adeguare ed infondere con precisione la quantità di insulina necessaria a “metabolizzare’ i carboidrati presenti in un pasto, una bibita, uno spuntino.

In sostanza l’impiego di un microinfusore consente di effettuare le iniezioni di insulina con estrema precisione, fermo restando che siamo noi stessi a programmarlo, e tuttavia, dobbiamo ben conoscere cosa mangiamo, quanti carboidrati o zuccheri contiene la nostra dieta ed il valore glucidico degli alimenti,

Si tratta, cioè, del nostro indice glicemico, se cioè siano più o meno assorbibili con rapidità. Infine occorre tenere conto della nostra capacità di metabolizzare i carboidrati in funzione della dose di insulina, variabile questa che ? individuale ed è espressione della cosiddetta “resistenza insulinica periferica” e l’assorbimento più o meno rapido dei glucidi.

Ovviamente non dobbiamo confondere il computo dei carboidrati con le calorie dei cibi e l’apporto di grassi e proteine per le quali mi soffermerò alla fine dell’articolo. Infatti vedete bene che il prosciutto o il parmigiano, pur essendo cibi nutrienti, hanno scarso o nullo valore in carboidrati.

Per cominciare bisogna conoscere gli alimenti e quelli che contengono una quota significativa di carboidrati

Preferibile, per esempio, è alimentarsi con i legumi che contengono carboidrati in quota giusta, ma che si assorbono con lentezza, stante la loro digestione lenta e difficoltosa, cosa questa assai importante per il paziente diabetico che non presenta difficolta funzionali e complicanze (reflusso, gastrite, insufficienza renale), dove la “potenza del pancreas” nel produrre insulina è limitata o addirittura assente nel diabete di tipo 1 . Ancora occorre sapere che molte bevande “senza zucchero” in realtà lo contengono. A questo punto, con smartphone e app che ti fanno il conteggio (ce ne sono a centinaia), carta e penna in mano, si comincia a redigere per alcune settimane un diario dettagliato nel quale riportare:

  • Gli alimenti consumati (es. pasta, pane, riso, legumi, patate ecc.); Il loro contenuto in carboidrati (cfr indice glicemico degli alimenti)

Il peso crudo delle porzioni con le bilancine di precisione, tarate al mezzo chilo; unità di insulina che ci siamo iniettati (ovviamente preferendo gli analoghi rapidi)

AII’inizio questo significa pesare tutto con una bilancia, e valutare quanti carboidrati sono presenti in quella fetta di pane

Sapendo che il diabetico in terapia con insulina rapida ai pasti, impiega circa 1/1,2 unità di insulina ogni 20 g di carboidrati, allora 157g / 20 = 7.8 x 1.2 unità = fabbisogno in unità di insulina 9.42 che arrotondando in abbondanza fanno 10 Unità di insulina rapida al pasto, ad esempio.

E come scrivevo pocanzi oltre al conteggio dei carboidrati effettuo anche il computo di grassi e proteine per dosare l’insulina: perché? I grassi contribuiscono al rallentare l’assorbimento e metabolismo dei carboidrati e le proteine, le quali apportano una piccola percentuale di carboidrati anch’esse (10% circa), ne prolungano il rilascio anche fino a sei ore dopo il pasto. Pertanto, nel mio caso, vedo quanto pesano nel pasto lipidi e proteine, e per mantenere compensata la glicemia programmo e aziono un bolo di insulina ad onda doppia che una quota percentuale di rapida (60%/50%) messa in circolo subito e la restante (bolo ad onda quadra 40%/50%) “spalmato” da un minimo di 3 ore ad un massimo di 6 ore a seconda del totale di proteine presenti nel pasto.

La materia è complessa e come diabetici attraverso le nostre associazioni, abbiamo il dovere di esigere dai nostri medici, infermieri e dietisti, percorsi di educazione terapeutica e sul calcolo dei carboidrati. Come Diabetici Insieme A Bologna stiamo facendo questo.

Le informazioni contenute in questo articolo circa diabete, dieta, dosaggi insulina, modalità di calcolo dei carboidrati sono applicabili alla mia persona (diabetico tipo 1 adulto età 55 anni). Ciascuno diabetico T1 e T2 deve rivolgersi al proprio medico diabetologo per personalizzare sempre la terapia e relativo percorso. Mai fare a prescindere il fai da te.