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Quando inizia si chiama anno, quando finisce si rinomina in ano, sì perde una consonante essendo al punto senza ritorno, di uscita. E anche per me giunge l’appuntamento per fare alcune riflessioni, non bilanci o somme di questo “ano” che sta per terminare nello scarico del tempo, come del resto ogni cosa animata e inanimata, me compreso.

Il 2020 è stato un frangente temporale di grandi prove: la prima, naturalmente, rappresentata dai lunghi periodi di quarantena e blocchi vari e intervallati nel tempo causa pandemia COVID-19, che ha messo a prova la tenuta del governo delle mie malattie, e per fortuna sono riuscito, seppure tra mille peripezie, a mantenere il timone e non disperdermi nella navigazione. Finora sono rimasto indenne dal contagio da coronavirus, prendendo le misure indicate e limitando al massimo il contatto per quanto possibile, certo rimane l’amarezza di non fare, per la prima volta nella vita, la vaccinazione antinfluenzale per colpa di un sistema organizzativo pubblico di incapaci e di medici di medicina  generale altrettanto incapaci di governare i processi e avere un rapporto adeguato di comunicazione con gli assistiti, con particolare riferimento ad un campagna vaccinale che serve a prevenire e limitare i danni da pandemia.

Ma per fortuna un avvenimento positivo è accaduto in questo 2020 e proprio alla fine dell’anno: l’avvio della terapia con insulina tramite sistema ibrido a circuito chiuso della Medtronic Minimed 780G, il primo dispositivo che non solo arresta l’erogazione dell’insulina in previsione di una ipoglicemia, ma interviene con correzioni di insulina in automatico per prevenire l’arrivo di una iperglicemia. In questo primo mese di utilizzo ho avuto la media glicemia in compenso ed equilibrio diverse volte al 100%, 90 e 95%! Mai successo in quasi sessant’anni di diabete tipo 1!

Infine, desidero condividere quanto ho appreso in questi dodici mesi circa di impegno da remoto, online e streaming per “la causa diabetica”, non solo come atto di testimonianza, ma spero utile per quanti avranno interesse a impiegare un poco di tempo in questo campo.

In questi anni di impegno, sia come blogger che come volontario, sono più i bidoni ricevuti e le risorse impiegate a livello personale di quanto ricevuto, sia come disponibilità a collaborare che supporto, sostegno materiale e morale nelle attività. L’unica realtà che veramente mi ha aiutato e mi sta sostenendo ora è AGD Bologna, e, ripeto, nonostante ho dato gratuitamente idee per sviluppare progetti, anche unici nel suo genere, la risposta è stata pari a zero o in alternativa con dei bidoni, e anche piuttosto pesanti. Ovviamente l’esperienza e l’età fanno il resto e rendono il mio apporto presente, futuro misurato al contesto.

Concludo con una considerazione circa un tema che mi sta molto a cuore: la ricerca per la cura del diabete e del tipo 1. Il diabete mai come in questi ultimi anni, ad ogni livello, è solo marketing, ostaggio del marketing diretto, indiretto e subliminale, tra testimonial, influencer probabili e improbabili, tutto in un guazzabuglio di parole e messaggi la cui sintesi spesso diventa impraticabile. Ma in tutto questo zibaldone appare chiara una cosa: in campo diabetico sono veramente pochi quelli che sostengono e sentono importante per il presente e futuro dei malati e della società la ricerca scientifica: in primo luogo i medici diabetologi che, dati alla mano, o della ricerca non frega niente in massima parte, presi dall’abitudine e routine clinica quotidiana, affidandosi a quanto proposto dalle case farmaceutiche, oppure investendo ogni chance sui dispositivi (CGM/FGM in primis). 

Per quanto riguarda le pochissime realtà italiane, presenti fisicamente nel patrio territorio nazionale che fanno ricerca sul diabete, la loro raffigurazione è simile agli assediati di Fort Alamo, con qualche supporter di contorno e niente più. Quindi resta il problema di fondo, che per il diabete relega la ricerca in un angolino veramente ristretto della superficie: non si riesce a fare sistema e ci si limita a fare da sponda quando va bene su progetti e denari investiti dall’Unione Europea, perché dal Governo italiano e dalle Regioni la riposta è TOFU.

Come insegna la pandemia del millennio: per fare portare dei risultati concreti alla ricerca ci vuole non solo uno sforzo corale e mondiale, ma una quantità di miliardi da investire che è lontana anni luce da quanto si investe negli studi per la cura, le cure del diabete che ora sono degli spiccioli e niente più.

Ma c’è spazio per risalire la china e sono fiducioso che il 2021 ci porti ad un cambio positivo di direzione…