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Un importante studio condotto da un panel di scienziati italiani tra i quali spiccano i professori: Camillo Ricordi, Paolo Fiorina e Antonello Pileggi, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Diabetes Journal il 25 agosto 2023.

Il diabete autoimmune (Tipo 1) è una condizione complessa e debilitante che colpisce milioni di individui in tutto il mondo. Negli ultimi anni, la ricerca scientifica si è concentrata su nuovi approcci terapeutici che potrebbero offrire un sollievo duraturo ai pazienti affetti da questa malattia. Uno studio innovativo dal titolo “Inversione del diabete autoimmune sperimentale con un trattamento sCD39/anti-CD3” ha gettato nuova luce su una possibile strada di trattamento che coinvolge il ruolo dell'(e)ATP extracellulare e l’azione delle ectonucleotidasi di membrana CD39 e CD73.

L'(e)ATP extracellulare: Un Doppio Ruolo nei Processi Infiammatori

L'(e)ATP extracellulare è stata identificata come una molecola con una doppia natura: da un lato, agisce come potente molecola proinfiammatoria, dall’altro, svolge un ruolo importante nella comunicazione intercellulare. In condizioni di infiammazione, le cellule morenti o danneggiate nell’area colpita rilasciano eccessive quantità di (e)ATP extracellulare, innescando una risposta infiammatoria accentuata. Tuttavia, la molecola svolge anche una funzione vitale come messaggero chimico tra le cellule, partecipando a processi di segnalazione cellulare essenziali.

L’Importanza delle Ectonucleotidasi di Membrana CD39 e CD73

Le ectonucleotidasi di membrana, in particolare CD39 e CD73, sono enzimi critici nel regolare la quantità di (e)ATP extracellulare nell’ambiente cellulare. Questi enzimi agiscono degradando l'(e)ATP in molecole meno proinfiammatorie, come l’adenosina. Lo studio in questione ha indagato il ruolo di CD39 e CD73 nel contesto del diabete autoimmune, esaminando come la loro azione potrebbe influenzare il corso della malattia.

L’Approccio Terapeutico: Trattamento sCD39/anti-CD3

Lo studio ha introdotto il concetto di trattamento sCD39/anti-CD3 come possibile strategia per affrontare il diabete autoimmune. Sperimentando su topi NOD, che sono un modello animale comunemente usato per studiare il diabete autoimmune, i ricercatori hanno somministrato CD39 solubile (sCD39) insieme a un anticorpo anti-CD3. Questo approccio ha dimostrato di avere effetti benefici sia nella prevenzione che nell’inversione dei sintomi di diabete autoimmune nei topi NOD.

Risultati Promettenti e Prospettive Future

I risultati di questo studio aprono nuove prospettive nel trattamento del diabete autoimmune. Dimostrando che i livelli di (e)ATP extracellulare sono aumentati nei topi NOD iperglicemici rispetto a quelli pre-diabetici, e che CD39 e CD73 sono espressi in diversi sottoinsiemi di cellule T, l’indagine getta luce su una possibile strategia terapeutica basata sulla modulazione di queste molecole.

Mentre questo studio è un passo promettente avanti, rimangono ulteriori ricerche da condurre per comprendere appieno il meccanismo sottostante e valutare l’efficacia e la sicurezza di questo approccio nei pazienti umani. Tuttavia, i risultati finora ottenuti offrono speranza e nuove direzioni nella lotta contro il diabete autoimmune e potrebbero aprire la strada a terapie innovative e mirate che migliorano la qualità di vita dei pazienti affetti da questa condizione debilitante.